Teatro in lingua con «La fattoria degli animali» di George Orwell

«Animal Farm or Manor Farm»? Tony Gardner e Christopher Holt firmano la regia di questo Animal Farm riuscendo nel difficile intento di non impoverire la complessità di piani di lettura di Orwell per far arrivare lo spettacolo ad un pubblico giovane e, insieme, di non arrampicarsi nel gioco di rimandi e citazioni che il testo suggerisce.

Asciutto, dinamico, uno spettacolo volutamente fisico che in questo caso non è solo cifra stilistica ma anche scelta ideologica e registica. Perché rappresentare gli animali con maschere, code e orecchie era fin troppo facile, mentre quello che il regista mette in scena sono i corpi degli uomini storpiati fino a farli somigliare alle sagome degli animali. Come dire portare gli uomini agli animali, e non gli animali agli uomini.

E, visto che il testo imparenta, accomuna le logiche del branco degli animali a ben noti comportamenti delle masse di cui il Novecento è stato protagonista in modo planetario, vedere in scena uomini che agiscono con dinamiche ferine diviene una precisa indicazione di lettura, una sottolineatura dell’animalità insita nel genere umano.

Sembra non esserci via di scampo: gli uomini-animali sono il branco, molti corpi un unico cervello. Nessuna rivoluzione, nessuna ribellione donerà la pace al gruppo. La violenza genera altra violenza e la coscienza individuale sembra annullarsi in quella del branco. Eppure si riesce a sorridere, a cantare e ad innamorarsi in questo ennesimo campo di concentramento. Piccoli tocchi di fantasia smorzano la tensione: galline evocate dal semplice uso di ombrelli piumati, spessi maglioni di lana che indossati richiamano alla memoria le pecore, cani fatti con piccole coppie di torce rosse.

Utenza: scuole superiori
Durata: 1 ora e 50 minuti (al termine della rappresentazione incontro tra attori e studenti)

Per informazioni e prenotazioni:
PALCHETTOSTAGE
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