Festival Pianistico Internazionale 2003

Se in uno sguardo abbracciamo il cartellone del Quarantennale, si può trovare una curiosa sintesi nell’apice e pedice del prossimo Festival Pianistico Internazionale 2003. Presentato ufficialmente nei giorni scorsi a Brescia e a Bergamo, la kermesse si apre con Lorin Maazel e si chiude con la percussionista inglese Evelyn Glennie: come dire una roccaforte smagliante della tradizione classica più alta e le nuove strade tracciate da un talento straordinario.

Per Bergamo e per il Festival la Glennie è una novità assoluta, dunque spendiamo due parole: i suoi recital solistici sono un’esperienza che val la pena di provare perché in Inghilterra, dove è ormai una star anche grazie alla televisione (la BBC trasmette due programmi dedicati a lei), le sue qualità artistiche e tecniche hanno suscitato entusiasmi generali: i suoi cd sono stati salutati da premi (fin dal primo, Grammy Award 1988 con la Sonata per due pianoforti e percussioni di Bartok), ha saputo allargare il repertorio percussionistico ed ha quasi di prepotenza imposto il suo ruolo come solista di percussioni in rassegne internazionali, trascendendo spettacolarmente la sordità che l’accompagna.

Per la quarantesima edizione Agostino Orizio ha ripercorso la scelta dell’edizione 1996, dedicata ad Arturo Benedetti Michelangeli, a cui da allora il Festival è stato dedicato. Per la seconda volta ha lasciato il vestito "tematico", spesso un po’ stretto e già allentato negli ultimi anni con una serie di percorsi paralleli, è si è dedicato interamente agli interpreti, lasciando loro il compito di proporre programmi ispirati al Festival lombardo. "Variazioni senza tema" le ha perciò definite il direttore artistico, citando Malipiero, e al di là del gioco di parole il cartellone si presenta davvero ricco, diviso tra grandi interpreti e nuove strade. Sulla carta la scelta appare vincente con moltissimi serate "da non perdere".

Partiamo dai recital dei pianisti, che si presentano come un plotone compatto, vario come non succedeva da un po’ e accattivante. Difficile scegliere tra i fuoriclasse assoluti, a partire dall’americano Murray Perahia, uno dei cosiddetti "poeti del suono", che ritorna a distanza di due anni, con gli autori prediletti, Bach, Beethoven e Schubert. Al suo fianco va collocato d’obbligo l’ungherese András Schiff, con la triade delle ultime sonate di Beethoven: a Brescia propone due giorni prima le Goldberg di Bach e l’imbarazzo della scelta sembra programmato. Non scherza con le quintessenze timbriche l’altro grande ungherese, Deszo Ranki, solista assieme alla Budapest Festival Orchestra, una delle predilette da Georg Solti: si cimenterà con il concerto in la di Schumann per pianoforte.

A mezza strada verso i grandi virtuosi pirotecnici della tastiera ci mettiamo Grigory Sokolv, ormai un beniamino del pubblico bergamasco, capace di coniugare con inscalfibile rigore una tecnica trascendentale e profondità di letture: anche lui muove, come diversi altri da Bach, per attraccare al Beethoven delle sonate pianistiche non troppo frequentate.

Tra i virtuosi a tutto tondo spicca un altro russo, Arcadi Volodos, conosciuto lo scorso anno nel Concerto di Caikovskij, che proporrà anche una Rapsodia ungherese di Liszt, rivista da lui stesso in chiave iperbolica.
Tra gli "originali" si segnala il ritorno di Stanislav Bunin, un giocoliere a cui è stata felicemente attribuito il titolo di "monello del pianoforte"; e il finlandese trentaduenne Olli Mustonen, che nella sua veste di interprete riversa quella di compositore: uno che non si cura di far scandalo, seguendo la logica di una reinterpretazione attuale, come se anche i brani più classici fossero una prima esecuzione, basandosi ovviamente sul testo.

Le grandi orchestre, altra grande arteria del cartellone da alcuni anni in pianta stabile al Festival, tra graditi ritorni non disdegnano importanti sorprese.
Sono abbinamenti prelibati quelle della Filarmonica scaligera con Maazel e Buchbinder col secondo concerto di Brahms , completato da un capolavoro di virtuosismo orchestrale come la sinfonia Fantastica di Berlioz ( nel bicentenario della nascita).

Non è da meno Martha Argerich, argentina dal fuoco indomito, con la Tonhalle Orchestrer di Zurigo, o il ritorno di Mstislav Rostropovic con il Coro russo di Orenburg e i percussionisti della Filarmonica Nazionale Lituana per una novità di Gubaidulina, e a fianco dell’orchestra del Festival. Se è un classico l’orchestra di Orizio con Uto Ughi impegnato con Bach, è davvero un evento completamente nuovo l’approdo dell’Orchestra del Settecento di Amsterdam diretta da Frans Bruggen, ormai conosciutissimo pioniere delle prassi "filologiche" e degli strumenti d’epoca: proporrà due capisaldi della prima letteratura romantica come l’Incompiuta di Schubert e l ’Eroica di Beethoven, come dire il nuovo con l’antico nel classico.

Bernardino Zappa

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