Cultura e Spettacoli / Bergamo Città
Mercoledì 14 Aprile 2010
Creberg: quest'anno più pubblico
ma molti annullamenti e costi alti
Ma lo facciamo anche intervistando Gianmario Longoni, il presidente di Officine Smeraldo, la «holding» dello spettacolo dal vivo che gestisce il Creberg Teatro: gli abbiamo chiesto di ragionare sugli elementi positivi - il successo è tanto più cospicuo, in quanto ottenuto in un anno difficile per tutto il teatro non sovvenzionato italiano - come su quelli negativi, come il dato anomalo degli annullamenti avvenuti quest'anno e i costi di gestione lamentati l'anno passato.
I dati d'afflusso e gli incassi, benché ancora parziali, dicono che il Creberg Teatro ha retto l'urto della crisi. Come impresario, è soddisfatto? «Sono più che soddisfatto per il pubblico, che ha confermato interesse, attenzione alla qualità e affezione per la nostra proposta di un teatro popolare di qualità. Ciò che non mi soddisfa per niente, invece, sono i contrattempi che hanno portato ad alcuni annullamenti. Me ne spiace per i disagi arrecati al pubblico. E mi spiace per alcuni commenti: c'è gente che ha scambiato gli incidenti per un segno di declino. Ci siamo visti addebitare dei "flop" negli stessi giorni in cui registravamo il "tutto esaurito". Paradossale, no?».
È pur vero che negli anni scorsi tutto era andato «liscio». Non è che, di fronte alla crisi e alle difficoltà di gestione, avete adottato scelte più conservative, magari con più contratti a percentuale d'incasso del solito? «No. E per dimostrarlo basta esaminare le cause degli annullamenti. Ho un'intera collezione di certificati medici, cosa posso farci? Rispetto alla domanda, casomai, andrebbero approfonditi altri aspetti».
Quali? «Per esempio il livello del cartellone. In tempi di crisi economica, abbiamo proposto produzioni costose e del livello di "Aggiungi un posto a tavola", nel primo anno di tournée: spettacoli nuovi, nel pieno della parabola ascendente. Queste non sono scelte conservative, ma rischi calcolati: il pubblico si è fatto prudente, ma non a scapito della qualità».
La qualità è la ricetta anti-crisi? «L'unica a livello di programmazione. Ho un dato che mi conforta: si sono alzate le medie di riempimento della sala. È un dato notevole: questo è un anno in cui tutti i teatri come il nostro, che non sono sovvenzionati, hanno sofferto. Noi non abbiamo accusato nessuna flessione, anzi».
E sul piano organizzativo? «Bisogna aumentare l'offerta, estendendo la stagione. Non c'è altro da fare in generale, perché permette di spalmare i costi di gestione. Per il Creberg Teatro è ancora più importante, perché questi costi sono altissimi. Noi, malgrado i lusinghieri risultati di questi anni, siamo ancora distanti dal punto di pareggio. E si aggiunga che non ci limitiamo a sostenere le spese di gestione, alleggerendone il proprietario, che è il Comune. Noi in più versiamo un affitto».
Cosa potreste fare? «Qualcosa farà il Comune, che procederà all'isolamento termico e acustico della sala. Ma a mio avviso la chiave sarebbe solo l'estensione della stagione: ne abbiamo parlato nei mesi scorsi e abbiamo avanzato delle proposte. Attendiamo una risposta dal Comune, che deve compiere le proprie valutazioni. Vede, il punto è che l'attività teatrale segue regole economiche diverse, per dire, da altre aziende».
Che intende dire? «Un teatro non può superare una crisi contraendo l'offerta, per quantità o qualità. In entrambi i casi il pubblico avvertirebbe un calo di appeal nella proposta complessiva. Per il Creberg Teatro ciò vale ancora di più, in un'ottica di sostenibilità dei costi senza interventi pubblici: è una sala periferica, che non ha altro richiamo che il proprio cartellone. La gente o viene qui a vedere spettacoli di un certo livello o non viene affatto».
In teatro, nei momenti di crisi, bisogna investire di più? «Sì. A differenza che negli altri settori economici, bisogna dare uno stimolo al mercato, non il contrario. Sarei disposto a continuare la gestione anche solo per questo, se il Comune è d'accordo. A maggior ragione per la grande soddisfazione che il pubblico ci procura».
P. G. N.
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