Cultura e Spettacoli
Martedì 09 Marzo 2010
Alex Britti al Creberg Teatro
con il nuovo album «23»
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Dividono infatti con lui questa nuova avventura discografica “mostri sacri” come il bassista Darryl Jones (Miles Davis, Sting, Eric Clapton, Rolling Stones), il batterista Paco Sery (già nel Joe Zawinul Syndacate, musicista celebrato da Jaco Pastorius e Wayne Shorter), il sassofonista Bob Franceschini (tra gli altri, con Mike Stern) e l'arpista Cecilia Chailly (affermata solista e già al fianco, tra gli altri, di Fabrizio De André, Mina, Ludovico Einaudi). All'album ha partecipato inoltre uno dei nomi italiani più illustri del momento, quello del violinista e arrangiatore Davide Rossi, già al fianco di Brian Eno, Robert Fripp, The Verve, Golfrapp, Royksopp e ultimamente al lavoro per gli archi di “Viva la Vida” dei Coldplay.
Se questi sono i musicisti coinvolti in “.23”, il motivo è semplice: il quinto disco di Alex Britti doveva essere fatto al meglio, privilegiando su tutto la dimensione “suonata” e la qualità delle registrazioni. Non è un caso che lo stesso Alex abbia concesso di più al Britti “chitarrista” di quanto sia stato disposto a fare nei precedenti album, avendo però cura di regalare al disco un suono diverso per ogni canzone, andando in assolo in modo mai scontato o prevedibile, tutt'al più citando, o omaggiando, stili e fraseggi musicali che lo hanno influenzato in passato.
In questo senso, musicalmente “.23” è un disco importante, perché lascia venir fuori tutte le influenze artistiche che accompagnano da anni la strada di Alex Britti: blues, rock, fusion, jazz (uno splendido omaggio alle atmosfere anni '70 di George Benson è contenuto in “Buona fortuna”), canzone d'autore italiana, pop, folk, soul, reggae, il tutto al servizio delle canzoni che lo compongono. Già, le canzoni, perché non è mistero che è quella la distanza su cui Britti, da sempre, ama misurarsi, e per cui arriva a concepire un album così ricco di suoni, ispirazione e riferimenti. Per dare loro il giusto abito.
E allora parliamo delle nuove canzoni, che ancora una volta mettono a fuoco Alex in quello che forse è il suo album più autobiografico di sempre – sarà un segno che il titolo discenda dal suo giorno di nascita? - e lo raccontano per quello che è: un giovane uomo che ha passato da poco i 40, e inizia a porsi delle domande importanti.
A volte malinconico (“Piove”), altre sentimentale (“Buona fortuna”), altre ancora innamorato e determinato (“Un attimo per sempre”, “Così come sei”), in ogni caso sempre inguaribilmente romano (“Venite tutti a Roma”), e quindi ironico, caparbio e “sgamato”. “Amico mio” sottolinea uno dei valori in cui si riconosce perfino un “solista” della vita come lui, mentre “Lasciatemi sognare” apre nel disco una finestra “sociale”, parlando di guerra e conflitti di religione sul tempo della musica più pacifista che c'è, il reggae. A fare da cornice a tutto, c'è naturalmente la title-track, “.23”, brano che non nasconde la voglia di rischiare e di giocare con la vita seguendo il proprio istinto e scegliendo, se del caso, di sbagliare di testa propria.
“.23” è un album completo e vario, in cui Alex scopre alcune delle sue migliori carte da cantante (“Piove”, “Così come sei”, “Esci piano”) e in cui soprattutto ha lavorato duramente come “costruttore”, privilegiando la tenuta d'insieme piuttosto che i singoli episodi. E' un album di quelli che si facevano una volta e che si chiamavano “dischi”, lungamente meditato e concepito, canzoni scelte con cura per ottenere un album senza cedimenti, senza “riempitivi”. Forse in controtendenza rispetto a quello che sempre più spesso succede oggi, ma del resto non si comanda al cuore: e questo era il disco che Britti voleva fare, puntando ancora una volta su di sé. Scommessa vinta, fin qui.
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