Sui muri del Patronato
le facce degli studenti

Via Gavazzeni, esterno giorno. Da una parte ecco i «faccioni» dei politici in pole position per la campagna elettorale. Ma di fronte - sorpresa - ci sono, in formato gigante, i volti allegri, sorridenti, scanzonati degli allievi dell’Afp Patronato San Vincenzo.

Via Gavazzeni, esterno giorno. Da una parte ecco i «faccioni» dei politici in pole position per la campagna elettorale. Ma di fronte - sorpresa - ci sono, in formato gigante, i volti allegri, sorridenti, scanzonati degli allievi dell’Afp Patronato San Vincenzo. Fa tappa così in città il progetto artistico internazionale «Inside-out»: qui diventa un modo per attirare l’attenzione sui giovani e sul futuro, mostrando un’Italia di tutti i colori.

Siamo davanti al Patronato San Vincenzo, in via Gavazzeni. Da una parte ecco i «faccioni» dei politici in pole position per la campagna elettorale. Ma di fronte - sorpresa - ci sono, in formato gigante, i volti allegri, sorridenti, scanzonati degli allievi dell’Afp Patronato San Vincenzo. Anche il cortile interno del Patronato e i corridoi della scuola sono trasformati: perché anche lì adesso ci sono i ritratti degli studenti, i loro sguardi catturati da inquadrature ravvicinate.

L’effetto è molto, molto suggestivo. Che cos’è? Si chiedono i passanti ignari. Un progetto artistico di fortissimo impatto che sta facendo il giro del mondo, e che a Bergamo ha coinvolto appunto la scuola professionale a indirizzo grafico del Patronato. Si chiama «Insideout: The people’s art project» e a dargli il via nel 2011 è stato l’artista e fotografo francese JR. Poi si è diffusa in tutto il mondo come un contagio questa forma di «arte collaborativa, un esperimento di impegno civile attraverso l’arte», che ha coinvolto migliaia di persone in una «performance» globale. I ragazzi del Patronato si espongono in prima persona e così realizzano l’obiettivo del progetto: portare «fuori», in un posto visibile a tutti, il mondo che hanno dentro, la loro identità, le loro emozioni, quello che portano «scritto» sulle loro facce, appunto.

È un progetto multidisciplinare: «Ci siamo informati su come funzionava - spiega Massimo Malanchini, insegnante di italiano e storia, referente del progetto -, poi abbiamo girato la proposta ai ragazzi che hanno aderito con molto entusiasmo». Il primo passo è stato osservare i lavori realizzati in giro per il mondo». È partito un lavoro di ricerca sull’autobiografia, sull’identità, sulle storie individuali. I ragazzi hanno anche scritto dei testi, raccontandosi, una sorta di diario. Poi hanno scattato le fotografie. «Certo, la parte che hanno preferito – continua Malanchini – è stata il lavoro finale fatto sotto il sole per due giorni di affiggere al muro le loro facce». Come gli attacchini di un tempo, con pennelli e colla.

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