«La posta di Chiara»
Il convento delle Clarisse risponde

Il settimanale on line della Diocesi ha chiesto a una comunità monastica di rispondere ad alcune lettere dei propri lettori. Si tratta della comunità delle Clarisse di via Lunga. Le monache vivono dentro il monastero: preghiera, vita comunitaria e lavoro. Non escono e non hanno attività all’esterno.

Il convento, il monastero, questi luoghi misteriosi. Ma misteriosi perché non li si conosce. Quando li si conosce, in genere, affascinano e, diventano, spesso, luoghi molto richiesti. Ci si va per gustare il luogo, il silenzio, la meditazione. Ci si va, ancora di più, per incontrare le persone che ci vivono, i monaci, le monache, le loro persone e, più spesso, la loro esperienza. Chi passa qualche giorno in convento o nel monastero prega con la comunità, partecipa alle liturgie. Fa – un po’ – il monaco.

Abbiamo chiesto a una comunità monastica di rispondere alle lettere – ad alcune lettere – dei nostri lettori. Si tratta della comunità delle Clarisse di via Lunga. Via Lunga va da Boccaleone verso Seriate e il monastero si trova, per chi va verso Seriate, sul lato destro della strada. E’ di clausura: le monache vivono dentro il monastero: preghiera, vita comunitaria e lavoro. Non escono e non hanno attività all’esterno.

Ma che senso ha una vita così? Non è un sottrarsi ai molti compiti e alle molte sofferenze che segnano il mondo nel quale tutti viviamo?

Un nostro lettore, da noi sollecitato, ha scritto una lettera in cui esprime alcune di queste obiezioni. Una monaca risponde. È la nuova rubrica del santalessandro. Siamo sicuri che altri lettori scriveranno e avranno le loro obiezioni, le loro domande, le loro esperienze da raccontare e da confrontare.

NOVITÀ

Troverete, nel numero di questa settimana, alcune novità: non solo la nuova rubrica di colloquio con la comunità delle Clarisse, ma anche un ordine diverso delle rubriche e qualche piccolo ritocco, dettato soprattutto dalla necessità di “ospitare” la nuova rubrica e di coordinarla con quello che c’era. Buona lettura.

Don Alberto Carrara

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Cara Sorella, accetto l’invito della redazione del «santalessandro» e ti scrivo. Posso farti anch’io l’obiezione che ho sentito ripetere molte volte? Voi vivete nel vostro mondo, mondo affascinante per tanti versi anche per noi. Ma il vostro mondo non è il mondo. Qui nel mondo si sta anche bene, spesso. Ma spesso si soffre, si sta male e talvolta malissimo. In questi mesi molte famiglie non hanno i soldi per pagarsi il riscaldamento e talvolta perfino il cibo. Le caritas vedono code di gente che aspetta qualcosa. E non solo soltanto “i soliti”, ma, da un po’ di tempo, anche gente di qui chiede la carità perché non ce la fa più. Non è un gran bel Natale, questo. Lo so che ve l’avranno detto tante volte. Ma lasciate che ve lo dica anch’io. Stare in convento, in questo frangente, non è in fondo un privilegio, uno star bene, tutto sommato, mentre tanta gente sta male? Scusami, cara sorella, la mia sincerità. Ma credo che la tua risposta non serva solo a me. Grazie comunque e, visto che ci siamo, pregate un po’ anche per noi.

Un lettore del santalessandro

Carissimo lettore, il Signore ti dia pace.

Ti ringrazio per la schiettezza del tuo scritto che racchiude le domande e i dubbi che tanti fratelli e sorelle ci rivolgono. Anche tu, da una parte ci provochi e interroghi sull’utilità della nostra vocazione e dall’altra ci chiedi preghiere quale segno di fiducia e affidamento.

NOI «CI SIAMO»

Se valutiamo la nostra forma di vita sul criterio del bisogno, dell’utilità, della visibilità, certamente siamo concordi nel ritenerla, davanti alle urgenze del tempo presente che tu elenchi, inutile, fuori dal mondo. Ma occorre alzare lo sguardo e cambiare prospettiva. Noi ci siamo nel mondo! Questo mondo che non basta abitare, ma occorre amare, portandolo nel cuore. Occorre “esserci” e noi siamo presenti in questa modalità che ci è stata” donata” e alla quale noi abbiamo scelto e risposto. Le nostre sono quelle vite un po’ “sprecate “, come l’unguento prezioso che quella donna sparse sul corpo di Gesù. Di fronte a quello spreco i commensali si indignarono. Ma Gesù lodò la donna. Sì, nella Chiesa e per il mondo, il Signore ha voluto qualcuno che sprecasse le sue esistenze rinchiudendosi, limitandosi nello spazio, innalzando il profumo della preghiera per i fratelli, ponendosi come intercessori tra Dio e gli uomini, abitando e amando la terra e tutto ciò che è umano dal di dentro.

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