Il parto 2.0? In video su Youtube
E il bebè nasce su Instagram

Esibire il pancione con orgoglio: atteggiamento diffuso tra le mamme in attesa, perfino col bikini sulla spiaggia. Ma il parto? Quello no. Una volta: adesso va su Youtube. Cattivo gusto o semplicemente un cambiamento di costumi?

Esibire il pancione con orgoglio: atteggiamento diffuso tra le mamme in attesa, perfino col bikini sulla spiaggia. Ma il parto? Quello no. Una volta: adesso va su Youtube. Cattivo gusto o semplicemente un cambiamento di costumi? Fatto sta che oggi la nascita è sempre di più un fatto straordinario, le emozioni vanno a mille, cresce il desiderio di condivisione. Una volta si diceva di bambini «nati con la camicia». Oggi vengono al mondo con l’account Instagram.

Ci viene in mente Hemingway: un uomo irrequieto. Si alza, si siede, guarda l’orologio, scatta ogni qualvolta qualcuno esce dalla sala parto, diviso tra l’attesa della gioia e il timore di un inconveniente. Una scena ripresa da decine di pellicole, immortalata nelle pagine di «Addio alle armi» (con epilogo infausto), tanto da essere parte a lungo dell’immaginario collettivo. Una porta chiusa a celare perfino al padre l’istante in cui inizia la vita. E invece ora va online.

Tweet e contrazioni. La capofila del «travaglio 2.0» è Ruth Iorio, blogger californiana che lo scorso 26 dicembre ha raccontato in diretta su Facebook il parto del suo Nye postando stati e foto, alcune delle quali censurate da Cupertino e ripubblicate con sdegno dalla neomamma su Twitter.

A seguire le orme di Ruth è stata Claire Diaz-Ortiz, che il 5 aprile ha cinguettato momento per momento il parto di Lucia conquistando in poche ore l’attenzione di oltre 330mila follower. Allargando la prospettiva alla gravidanza tout-court, la condivisione sul web di pancioni, diatribe per il nome, conti alla rovescia è un fenomeno tutt’altro che saltuario. «Se prima - dichiara Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei new media all’Università di Urbino - per diffondere un contenuto felice come la nascita contavamo su un mezzo di comunicazione classico come il fiocco, oggi il fiocco va in rete e incrocia reti sociali molto diverse tra loro».

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