Rischiava di essere un’altra partita da mettere nella cartelletta delle delusioni. Non come Bologna e Torino, che sono altro. Ma come Genoa, come Udinese. Invece, per una volta l’Atalanta può dire di aver forse portato a casa più del dovuto, grazie al giocatore che certamente ha scalato le gerarchie fino a diventare il più importante della rosa, oggi. Quello che incide di più, che porta punti, che ha i colpi per decidere le partite da solo, perché la sua classe è superiore, semplicemente: Luis Muriel, e il suo sorriso. Andiamo come sempre per punti.
1. Cosa porta la tecnologia al calcio
A volte la tecnologia non funziona bene, mille cose sono da rivedere. Certo, lo sappiamo. Ma senza la tecnologia, questa partita forse non sarebbe finita con una vittoria. Perché i rigori vanno sempre segnati, ma intanto l’arbitro l’aveva assegnato, sulla base della sua impressione a velocità normale. Ma come spessissimo capita, quel che sembra a velocità normale si rivela non corretto visto e rivisto al monitor. E’ questo il valore aggiunto della tecnologia: restituire verità ai risultati, riducendo il margine d’errore degli arbitri. Quindi l’Atalanta magari sarebbe tornata a casa con un pareggio (che forse sarebbe anche stato il risultato più giusto) e invece torna a casa con tre punti pesantissimi, tanto più perché conquistati in fondo a una prestazione certo non eccellente. Ricordiamoci di questo finale, quando magari avremo da lamentarci per un mancato intervento del Var, e quando magari qualcuno per una decisione contraria agita subito il fantasma dei complotti. Se l’Atalanta viene via da Cagliari con tre punti, lo deve anche al fatto che in campo c’è la tecnologia, e che dietro alla tecnologia ci sono uomini che non ce l’hanno con nessuno.
2. La fatica e il riposo
La vittoria era fondamentale perché tolto di mezzo il «pensiero» della qualificazione alla finale di Coppa Italia bisognava ripartire a far punti in campionato, dove la classifica continua a essere sufficientemente corta per lasciare aperto qualsiasi scenario. Quindi tre punti d’oro, presi contro un Cagliari che non ha creato granché, ma specie nel primo tempo ha sfogato grandi energie, mostrando di voler provare a vincerla pur se contro una neo finalista di Coppa Italia. L’Atalanta è sembrata subire la stanchezza molto più all’inizio che nel finale. Paradosso, forse. Ma quando le energie del Cagliari sono scese, l’Atalanta ha alzato il più possibile il tasso tecnico. Sembrava non funzionare granché, invece i campioni esistono perché da soli vedono gol che altri nemmeno immaginano.
3. Sutalo e il guaio esterni
La situazione di Hateboer è ormai nota. L’Atalanta aspetterà di capire se è possibile recuperarlo senza intervento chirurgico, ma non è comunque prevedibile una data del suo rientro. Questo rende di nuovo molto corta la coperta sugli esterni: un titolare, Gosens, una riserva, Maehle, e poi Ruggeri con le sue difficoltà e Sutalo, sperimentato in questi ultimi giorni. Il problema non riguarda soltanto la fascia destra, ma finisce per influire - e lo si vede nelle ultime partite - sul gioco di Ilicic. Perché l’intesa di Josip con Hateboer fa sì che l’esterno «liberi spazio» per Ilicic, portando via i difensori con le sue sovrapposizioni. Questo con Sutalo non succede, non può succedere. Sutalo non è un esterno, non ha quel tipo di corsa, non ha soprattutto la «confidenza» necessaria per arrivare sul fondo. Tant’è che l’Atalanta ha cambiato marcia anche dopo l’ingresso di Maehle: il danese si è lanciato molto più in avanti rispetto a Sutalo. Al netto di queste considerazioni, non resta che prendere atto del fatto che gli esterni restano una «croce» di questa stagione: non si è riusciti a risolvere il problema creato dalla partenza di Castagne. Prima per eccesso di quantità e carenza di qualità, ora per carenza e basta. Chiaro che gli infortuni non si possono prevedere, resta il fatto che l’Atalanta ha 2 soli titolari (o meglio, un titolare vero e una riserva promossa titolare) nei ruoli chiave del gioco di Gasperini.
4. La classifica
Finiamo con un nuovo accenno alla classifica. Dopo il Torino sembrava tutto finito, ma come si vede ogni squadra ha i suoi inciampi, e per rimettersi in corsa per gli obiettivi top possono bastare due vittorie di fila. Averne portata a casa una in questo modo, un po’ brutto sporco e cattivo, è un risultato di importanza incredibile. Tanto più che domenica prossima ritorna il Napoli (e vorrà rifarsi) e la testa, inevitabilmente, sarà già un po’ rivolta a quel che arriva dopo. Real Madrid, e basta la parola.