La vittoria vale oro, per mille motivi. Per la classifica, anzitutto. Perché con questi tre punti, e in vista del Crotone, l’Atalanta continua la sua scalata, e mentre Juve e Lazio dopo la Champions come spesso capita hanno tirato il freno, l’Atalanta piazza un colpo importante in ottica Champions. Come un break nel tennis. Si sa che la Champions porta via energie mentali prima, e lascia tante scorie dopo. L’Atalanta ha avuto il Real Madrid tra Napoli e Sampdoria, e ha messo in cascina sei punti su sei. Non un percorso completamente liscio, soprattutto per le polemiche sugli arbitri che si sono innescate nonostante due vittorie. Ci torniamo nei punti che seguono, perché il discorso merita un approfondimento.
1. La classifica
Non sappiamo, nel momento in cui scriviamo, cosa farà il Milan a Roma. A occhio non sarà una passeggiata di salute: la Roma si è sistemata, mentre il Milan appare in affanno. Vedremo: intanto lo svantaggio sui rossoneri si è ridotto a 3 punti, si è agganciata la Juventus, sono 3 i punti sulla Lazio. A dimostrazione del fatto che sottolineiamo da sempre: non ci sono verdetti scritti, mai. Specie in una stagione balorda come questa, in cui il fattore campo conta pochissimo. Nulla è deciso, e guardando la graduatoria, e considerando gli impegni europei, forse solo sul primo posto pende un’ipoteca di un certo peso. Su tutto il resto l’Atalanta può mettere gli occhi e la partita di Genova, unita a quella col Napoli, dimostra che il «complesso» dei punti da regalare alla Champions può dirsi - speriamo - superato.
2. Malinovskyi-gol
Il tema di Malinovskyi è largamente dibattuto. Il gol potrebbe aiutarlo: sembrava diventato un incubo, sembrava diventato incapace di tornare a segnare. E a ben guardare, questo è un gol «diverso» dai suoi consueti. Non è la consueta botta da fuori area, ma frutto della sua partecipazione a un’azione corale. Poi ci mette la tecnica, quel sinistro la cui qualità è così notoriamente inversamente proporzionale a quella del destro, e ne esce un gol che speriamo possa fargli tornare un sorriso che - si dice - abbia un po’ smarrito. Il giocatore in generale non si discute, la sua capacità di stare in pieno dentro il gioco di Gasperini un po’ sì, anche a Genova.
3. Ilicic, segnali di vita
Gasperini è fatto così: lascia intendere che Ilicic scalderà la panchina per settimane, poi lo mette subito per mezz’ora e per giunta nel ruolo - pressappoco - che ha scatenato il temporale con il Real Madrid. Perché evidentemente Gasperini ha capito tutto di Ilicic, e ha capito che quando Ilicic si spegne, necessita di una scrollata per riaccendersi. La scrollata è stato quel cambio, sono state quelle grida nel silenzio del Comunale. La mezz’ora di Genova sembra dimostrare che Ilicic ha capito, che la testa ha colto i segnali e ne ha mandati all’allenatore. Non è arrivato il gol, ma l’ha cercato. Non è arrivato l’assist, ma quasi. Si è visto un Ilicic vivo, e la sensazione che tornerà presto l’Ilicic decisivo è palpabile. Con i geni funziona così.
4. Aspettiamo Miranchuk
La formazione della vigilia pubblicata su L’Eco non prevedeva l’impiego dal 1’ di Miranchuk. Ma francamente speravamo di essere smentiti. Invece no: nemmeno in emergenza il russo trova spazio dal 1’. Nemmeno col rischio di «spompare» Muriel. La vittoria è arrivata e quindi va bene così, ma ci domandiamo quanto debba durare ancora l’apprendistato di Miranchuk, che non è costato poco e così rischia da un lato di svalutarsi e dall’altro di domandarsi se la scelta di venire a Bergamo sia stata corretta per la sua carriera. Speriamo davvero sia la volta buona mercoledì con il Crotone: sarebbe l’occasione per far rifiatare Muriel e per non metter fretta a Zapata nel recupero dal piccolo guaio muscolare.
5. Gli arbitri e il vittimismo
Infine, ohibò: a Genova non è successo nulla. Bergamo - dopo la vittoria sul Napoli e i fattacci di Stieler con il Real - ha passato sette giorni alle prese con un mix di complottismo e vittimismo francamente eccessivi. Con il Napoli - ricordiamo - fu negato un rigore nell’ambito di una partita finita 4-2 per i nerazzurri. Dove c’è un complotto le partite in genere si perdono, non si vincono. Quando nel calcio italiano i complotti c’erano per davvero chi doveva perdere perdeva e chi doveva vincere vinceva. Poche storie, le eccezioni non erano contemplate. Poi c’è stato il Real Madrid, l’espulsione di Freuler e una serie di altri scivoloni dell’arbitro. Errori di un arbitro in una serata decisamente storta, probabilmente spaventato dall’idea che la piccola Atalanta potesse imporre una figuraccia al Real Madrid. Questi i fatti, senza sconti né esagerazioni. Ma tutto questo ha generato esattamente quel che Bergamo ha sempre respinto: il vittimismo. Che è proprio quel che Bergamo ha sempre addebitato agli altri come un pessimo atteggiamento. Il «piangersi addosso» inteso come tecnica per poi magari incassare qualcosa in futuro. Una tecnica bieca, antisportiva, che sottintende complotti e malafede senza ovviamente poterli dimostrare con prove provate, se non con ridicole arrampicate sugli specchi, ipotetici conti alla mano. Risultato: si aspettava Genova col binocolo in mano, pronti a scovare la pistola fumante del complotto in qualsiasi contrasto giudicato fallo. Invece: Sampdoria-Atalanta 0-2 e l’arbitro che, a prescindere dalla sua carta d’identità, non ha sbagliato niente. Le lacrime, insomma, lasciamole a chi non ha altri argomenti che non i copioni ammuffiti dei torti arbitrali. L’Atalanta è diventata grande sul campo, senza favori di nessuno e senza battere complotti e fantasmi. E’ in finale di Coppa Italia, in corsa negli ottavi di Champions e terza, mentre scriviamo, in campionato. Tutto il resto fa parte di una mentalità che, se praticata, rischia di mettere l’ambiente bergamasco sullo stesso piano di quelli che da sempre qui vengono detestati. Noi non siamo così. Magari dimostriamolo.
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