Atalanta, quanta fatica contro i «catenacci». Riflessioni sulle scelte iniziali, e sulle «alternative» al Papu

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Difficile dire se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto. Perché si è preso gol dopo 1 minuto, e pochi secondi prima del pareggio l’Atalanta si sarebbe potuta trovare sotto di 2 gol, per un rigore che sicuramente non è lampante, ma non sarebbe stato uno scandalo se fosse stato fischiato. L’Atalanta è certamente non al top della forma: dopo la raffica di vittorie, Genoa e Udinese segnano di sicuro una difficoltà nell’intensità. E sappiamo bene che quando manca l’intensità, che si traduce nella velocità della giocata, l’Atalanta perde tantissimo. Andiamo, al solito, per punti.

1. Le scelte iniziali

 

La formazione di Udine ha ricordato, per filosofia più che per i nomi, quella con la Sampdoria. Il turnover, all’improvviso. Dall’11 classico, in un colpo, Gasperini ha tolto Gosens, Freuler, Ilicic e Zapata. Forse un po’ troppo, con le difficoltà oggettive date dai tanti cambi amplificate da quel gol balordo, subito per la bravura dell’avversario ma anche per una dormita collettiva. E se «dormi» quando l’arbitro fischia l’inizio, significa che qualcosa non va a prescindere. Nessuno chiude sull’avversario, ampiamente sottovalutando lo sviluppo dell’azione. Colpa di Gollini? Da capire. Certo il portiere non poteva uscire prima: avrebbe lasciato a Pereira l’arma del passaggio al centro, con la porta vuota. Esce quando proprio realizza che i difensori non chiudono, e a quel punto fa quel che può, peraltro toccando la palla. Le scelte di Gasperini stupiscono soprattutto alla luce dell’idea di fondo più volte sottolineata dall’allenatore: «Con i cinque cambi non esiste il turnover». Poi, invece. Ribadiamo un concetto espresso ai tempi della Samp: piuttosto che cambiare tanto all’inizio per poi dover «rimettere» a partita in corso, meglio sarebbe partire al top della forza, e in caso «togliere» una volta messa in sicurezza la partita. Questo perché poi sia la partita con la Samp che questa hanno dimostrato che «aggiungendo» forza a partita in corso non rimette per forza le cose a posto: né Ilicic, né Zapata, né Freuler (entrato proprio nel finale...) hanno reso sui loro livelli abituali.

2. Miranchuk fa tanta fatica

A parziale «discolpa» dell’allenatore va detta una cosa: non si potrà mai valutare bene il «materiale» a disposizione se non gli si concedono occasioni importanti. Questa lo era, soprattutto per Miranchuk. Che però non l’ha colta, per niente. Il russo, dopo gli esordi entusiasmanti sia in Champions che in campionato, dà ancora l’idea di non mettere in campo un agonismo e un’intensità pari ai suoi innegabili mezzi tecnici. Non sembra ancora integrato. Non sembra mai al posto giusto al momento giusto. Non sembra capirsi con i compagni. Sembra giocare un calcio ancora distante da quello dell’Atalanta. L’opposto di Maehle, insomma. Di certo, tolto Gomez dalla squadra, si confidava anche sull’apporto del russo: per ora, Miranchuk non compensa, nella fase offensiva, la mancanza del Papu.

3. Malinovskyi come sopra

Il discorso si riflette su Malinovskyi. Perché non si può pensare che Pessina possa sopperire in tutte le fasi all’assenza di Gomez: la coperta diventa corta per forza. Ma l’ucraino continua a non raggiungere i livelli di qualità che ci si aspetterebbe da lui. Troppo spesso sembra cercare la giocata difficile, che però diventa prevedibile e agevola gli avversari. In più, sul suo «conto» finisce quel passaggio inspiegabile nel cuore dell’area, quando avrebbe dovuto prendere di mira la porta.

4. Il convitato di pietra

 

I discorsi su Gomez suonano triti e ritriti. Però qui si prova ad andare oltre. Perché Genoa e Udine hanno dimostrato quel che qui si è sostenuto fin dall’inizio: era ovvio che la rinuncia al Papu un prezzo l’avrebbe comportato. E attenzione: non è una critica a chi ha deciso, per motivi che solo la proprietà dell’Atalanta ha titolo per valutare, che Gomez non debba più far parte dell’Atalanta. E’ solo un dato di fatto: non è una scelta a costo zero, com’era abbastanza ovvio che fosse. L’esplosione di Pessina è una bella notizia, ma non può costare nulla, in termini di qualità del gioco e dunque di punti, l’esclusione del giocatore da tutti considerato fondamentale solo fino a cinquanta giorni fa. E forse il dato emerge con più chiarezza proprio contro squadre che giocano «alla vecchia maniera», puntando soprattutto a non far giocare l’avversaria. Come ha fatto l’Udinese, rompendo tutto quel che si poteva rompere. E’ in partite così, forse, che la fantasia, la genialità e i colpi di Gomez sarebbero serviti. Non lo diciamo per invocare un suo reintegro o un «perdono»: abbiamo troppo rispetto per le «prerogative» della società, per spingerci in un terreno che non ci compete. Soltanto occorre prendere atto del fatto che il medio-lungo periodo non potrà che dimostrare che senza Gomez l’Atalanta sarà più debole. Lo diciamo e lo scriviamo da inizio dicembre, a scanso di equivoci.