Missione compiuta. Bisognava vincere e si è vinto a rischio praticamente zero. Davvero poca cosa il già retrocesso (e da ricostruire dalle fondamenta, ma qualcosa di buono c’è, tipo Busi, Brunetta e Sohm) Parma per impensierire un’Atalanta lanciata verso il rush finale. Benevento mercoledì e Genoa sabato a Marassi nell’attesa dell’uno-due finale con la Juventus (in finale di Coppa Italia) e Milan che stasera si giocano il posto in Champions League. Tre punti sul velluto quelli al «Tardini», difficili persino da commentare: zero rischi e controllo della partita sempre saldamente in mano, un Malinovskyi sempre più in stato di grazia e qualche spunto molto (molto) interessante di Miranchuk avviato verso una maturazione a medio-lungo termine sul modello del collega ucraino e (si spera) di un Kovalenko ancora tutto da scoprire.
Unico neo del match le due reti del Parma incassate poco dopo aver messo in cassaforte il risultato con la doppietta di Muriel che ad inizio ripresa si era mangiato la rete del raddoppio dopo un’azione coast-to-coast dalla propria area: le sole due vere occasioni concesse ai crociati e trasformate in goal per colossali dormite difensive che si potevano tranquillamente evitare in una partita dominata, come del resto doveva essere. Troppo evidente la differenza di valori in campo per poter anche solo azzardare un’analisi tecnica: l’Atalanta ha avuto il merito di non farsi prendere dalla frenesia della vittoria a tutti i costi, ha segnato dopo 12 minuti, controllato il match senza concedere un centimetro di campo ai padroni di casa e andando vicino al raddoppio un paio di volte con Gosens e una traversa di Zapata. Nella ripresa Gasp ha mischiato un po’ le carte facendo rifiatare Zapata e un Ilicic ancora in chiaroscuro (e a metà tempo anche Malinovskyi) e dando spazio anche a Pessina e ad un Pasalic finalmente convincente. Il risultato finale assolutamente giusto, cinque reti e due di differenza con il Parma ci stanno tutte per una squadra che si conferma saldamente al secondo posto rispondendo subito al tentativo di sorpasso del Napoli e arrivando a quota 84 goal in campionato. E che a Parma ha fatto 4 reti su 5 con giocatori partiti dalla panchina, il che la dice lunga sulla qualità della rosa.
Come in ogni finale dell’era Gasperini, la squadra ci arriva al massimo della forma e lanciata come un treno in corsa: a questo punto è tutto nelle mani dei nerazzurri, a cominciare da mercoledì quando al Gewiss Stadium arriverà un Benevento ben oltre la disperazione dopo il ko interno col Cagliari (un bravo a mister Semplici è il minimo legale, sta facendo più che un capolavoro…) e che si gioca una grossa fetta delle sue possibilità di rimanere in A, davvero sempre più risicate, a questo punto. Tra Atalanta e Benevento ci ballano ora 41 punti in classifica, un’enormità che si deve tradurre in tre punti, senza se e senza ma. E soprattutto senza guardare a cosa faranno nelle prossime partite Juventus, Milan e Napoli o – peggio ancora – aspettando sanzioni Uefa per la vicenda SuperLega. Poco prima del match con il Bologna mister Gasperini era stato chiarissimo: per arrivare seconda l’Atalanta avrebbe dovuto fare una cosa semplice, vincere tutte le partite senza occuparsi delle altre, un puro fatto matematico. Dopo il mezzo passo falso con il Sassuolo e la vittoria a Parma la situazione è ancora quella: non servono calcoli, basta vincere. È tutto in mano nostra e decide il campo, solo il campo e non altri astrusi teoremi: il resto non conta.