Due punti buttati contro la Roma fanno il paio coi due punti trovati domenica contro la Juve. Una partita dominata e non vinta fa il paio con una partita sul filo dell’equilibrio, e vinta per un tiro deviato all’ultimo respiro. Il calcio è così. Domini, ma non è detto che poi vinci. Anzi, magari rischi pure di perderla. Roma-Atalanta va guardata mettendola allo specchio con Atalanta-Juventus, perché spiega bene cos’è il calcio, e cos’è, in fondo, l’imprevedibilità assoluta del calcio. Poco da fare. Certo, è un pareggio che lascia tantissimo amaro, perché fa il paio con quei pareggi con Bologna e Torino che ancora sanguinano, e se li si mette in fila, tutti quei punti, è meglio non guardare cosa succederebbe alla classifica. Ma ripetiamo: sarebbe ingiusto ricordare soltanto quelle partite e non ricordare Cagliari, oltre alla Juventus. Alla fine, se non è bilancio in pareggio poco ci manca. E 4 punti tra Juve e Roma, visto l’andamento delle due partite, sono un bilancio più che accettabile. Al solito, avanti per punti.
1. Il dominio del primo tempo
A volte ci si lamenta che l’Atalanta chiude i primi tempi «solo» sul 2-0. Stavolta, sarebbe stata manna. Perché la Roma davvero difficilmente sarebbe riuscita a segnarne 2. Eppure, non sarebbe stato uno scandalo se l’Atalanta avesse chiuso il primo tempo avanti di 3, 4 gol. Un dominio del campo straripante, nonostante un possesso a vantaggio della Roma. Che però lasciava spazi enormi per le ripartenze nerazzurre, sempre devastanti fino all’ultimo passo, quello decisivo. Pau Lopez ha fatto il suo dovere, gli attaccanti atalantini non hanno commesso errori clamorosi, con conclusioni completamente sballate. E’ mancato quel pizzico che trasforma un buon tiro da occasione a gol. Capita. Come, poi, capita il resto.
2. La gestione dalla panchina
Le perplessità nascono sulla gestione del secondo tempo. Gosens, ammonito e in condizioni ormai in riserva, forse andava tolto. Togliere insieme Ilicic e Malinovskyi, tra i più ispirati, ha tolto di fatto all’Atalanta imprevedibilità nei servizi alle punte. Perché il Pasalic di oggi, purtroppo, non è competitivo. Forse (certo, col senno del poi) Pessina si avvicina più in termini di potenziale all’ucraino, mentre Pasalic, purtroppo, non è ancora in grado di fornire quel tipo di rendimento. Tre mesi d’assenza pesano, ma è ancora Pasalic, in tandem con Muriel, a chiudere - o meglio: a non chiudere - su Cristante che ha avuto tutto il tempo di caricare, mirare e calciare. In sintesi: i cambi hanno fatto vincere con la Juve e non hanno inciso a Roma.
3. Gollini caldo e freddo
A proposito di Gollini: sul tiro del gol ha chiarissime responsabilità. Bel tiro, preciso e teso. Ma non irresistibile, e il paradosso è che il portiere ci arriva, ma la palla passa tra erba e mano. Inconcepibile. Però è poi a Gollini che si deve la conservazione almeno del pareggio, con due interventi decisivi nei minuti finali. Il tema del portiere resta dunque aperto, non c’è nulla da fare, e lo sarà fino alla fine della stagione. Vedremo se ora Gasp sceglierà l’ennesimo avvicendamento con Sportiello, e soprattutto vedremo cosa accadrà a fine stagione.
4. Dedicato a chi vuole certezze
Infine, tornando al tema d’apertura. I giorni scorsi sono stati caratterizzati dal terremoto della Super Lega, al grido di parole come «continuità», «certezza», «garanzia». Le ultime due partite dell’Atalanta testimoniano quanto questi concetti siano inapplicabili allo sport, e al calcio in particolare. Il calcio è imprevedibilità, quel che sembra scontato adesso non lo è più fra 5 minuti. Basta nulla per rovesciare la dinamica di una partita, i rapporti di forza, per rianimare una squadra presa a pallate e che alla fine rischia di vincere. Al di là dei romanticismi che grondano una retorica quasi insopportabile quanto l’arroganza dei «grandi», progetti «chiusi» come la Super Lega sono inconcepibili proprio per questo. Per quello che diceva il vecchio Boskov: partita finisce quando arbitro fischia. Chi vuole vincere prima di giocare, prego, s’accomodi.