Una pugnalata, due, tre. Quel gol delle speranze, quel suicidio del rigore sbagliato. Tanto cuore, si potrebbe dire inutile. Ma non è mai inutile, il cuore. L’Atalanta ha perso, ha lasciato la Champions. Viva l’Atalanta. Ha perso per quel rigore rubato dell’andata, ma non solo. Il Bruges, va detto, ha legittimato la sua qualificazione con un primo tempo astuto fino alla furbizia, furbo fino ai confini della lealtà. Ma davanti alla porta il Bruges ha fatto quel che va fatto nel calcio: l’ha messa dentro una, due, tre volte. L’Atalanta ha provato a riaprirla, se non la partita quantomeno la speranza. Ma di nuovo, dagli 11 metri, ha fallito. E allora è giusto così. Giù il cappello davanti al Bruges, che ha giocato meglio all’andata e al ritorno ha fatto gol. E giù il cappello anche davanti all’Atalanta, per quel che ha fatto nel girone, per non essersi arresa, in questa notte maledetta, neanche quando ormai era chiaro che la Champions, per quest’anno, entra nell’album dei ricordi. Nessun processo, qui, a nessuno: nel calcio si vince per i meriti di tanti, a volte si vince anche oltre i propri meriti, e si perde a volte anche oltre i propri demeriti. Nel calcio semplicemente succedono cose che vanno accettate, e per chi davvero vuol bene all’Atalanta non è difficile accettare questa sconfitta.
1. Le scelte di Gasp
Non ha nemmeno molto senso discuterne. L’impatto con la partita era sembrato buono, ed è rimasto buono anche dopo il primo gol del Bruges. Ma che un impatto buono e arrembante nascondesse il rischio del gol a freddo preso «d’imbucata» era fin troppo facile da prevedere. E purtroppo è successo. Per il resto Gasperini ha fatto quel che ha potuto con le armi a disposizione. Ha fatto stupore la scelta di Cuadrado, dettata probabilmente dalla necessità di avere inventiva dentro una selva di maglie avversarie. Scelta sensata: da Cuadrado era venuta la palla del gol annullato a Retegui; da Cuadrado è venuto il rigore, da lui sono venuti spunti per tentare di scardinare il dispositivo difensivo dei belgi. Per il resto, l’Atalanta di adesso è questa e c’era poco da inventarsi. Fa specie la «sparizione» dal campo, per la seconda volta consecutiva, di De Ketelaere: sono i giocatori di quella qualità che devono essere determinanti nelle partite che pesano, non solo quando la partita è in discesa contro avversari molto più deboli. De Ketelaere è stato «trasparente» in Belgio e forse meno ancora nella partita di ritorno. Enorme, in termini di personalità, la differenza con Lookman.
2. E adesso?
Supercoppa Europea, Supercoppa Italiana, Coppa Italia, Champions. Quattro competizioni su cinque sono andate, resta il campionato. Resta, va detto, un cammino straordinario in Champions, interrotto solo dalla maledizione del Bruges. Resta il campionato, restano finalmente settimane libere da impegni infrasettimanali, resta che ora si giocherà di meno e per i chilometri dei giocatori vorrà dire meno logoramento, speriamo meno infortuni, vorrà dire meno partite saltate quando qualcuno si fa male. Vorrà dire che c’è ancora tutta la possibilità di confermare questa come una stagione straordinaria per la storia dell’Atalanta. Perché l’Atalanta è terza in classifica, perché le altre non corrono, perché ci sono tutte le premesse per poter tornare in Champions nella prossima stagione. Certo, occorre che succeda qualcosa.
3. Come reagire
Adesso serve un ambiente che non esploda rabbia per una sconfitta. Serve un ambiente che si stringa attorno alla squadra e alla società. Certo, legittime tutte le analisi e le critiche motivate e argomentate, ma c’è una cosa che viene prima di tutto, e si chiama Atalanta. Questo in primis, e il pubblico del Gewiss ha cominciato subito col piede giusto: migliaia di sciarpe esposte al 90’, quando ancora si giocava ma ormai era finita; cori e applausi dopo il fischio finale: questo è il modo giusto di perdere, il modo di chi ci mette la faccia allo stadio come di chi ci mette il cuore sul campo. Il modo giusto per ricaricare l’Atalanta, per restituirle la fame di vincere e di portare di nuovo Bergamo in Europa, la sua seconda casa. E’ stata una Champions piena di emozioni, di partite memorabili, di grandissime vittorie e notti indimenticabili come quella di Barcellona. Questa partita era un tornante della stagione, può essere anche un tornante della storia se la reazione sarà negativa. Può essere una molla per ripartire se la reazione sarà positiva. Abbiamo il capocannoniere della Serie A, abbiamo Lookman che è tornato, abbiamo in panchina il più bravo di tutti. Abbiamo tantissimo, prima di tutto una città infinitamente innamorata della sua squadra. Non è mai poco, questo. Nemmeno dopo una notte maledetta come questa.
PS. Viva Rafa Toloi: sbaglia per troppo amore chi questa maglia ce l’ha cucita addosso.