Valvola cardiaca di terza generazione, l’equipe di Tespili all’avanguardia

L’Unità Operativa di Cardiologia dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio, diretta dal bergamasco Maurizio Tespili, tra le quattro strutture italiane scelte per l’impianto trans-catetere di una protesi valvolare cardiaca di terza generazione.

Una valvola cardiaca di terza generazione è stata impiantata con successo in una paziente bergamasca di 88 anni affetta da stenosi valvolare aortica e malattia severa delle coronarie, dall’équipe del dottor Maurizio Tespili, bergamasco doc, responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato) e coordinatore dell’area cardiologica degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi. L’ospedale milanese è una delle quattro strutture apripista in Italia che ha la possibilità di utilizzare questa nuova tecnologia che amplia le possibilità di cura per i pazienti con valvulopatia aortica.

La nuova bioprotesi valvolare trans-catetere auto-espandibile, chiamata Hydra, si adatta, grazie alle sue caratteristiche, agli anelli valvolari più piccoli, come quello della paziente bergamasca, inoltre risulta meno traumatica verso i tessuti cardiaci (soprattutto il tessuto di conduzione elettrica) grazie ad una forma tubulare (non “svasata” nella sua porzione inferiore come invece altre bioprotesi ad oggi in uso). Può transitare attraverso archi aortici molto angolati grazie all’estrema flessibilità.

Studiata in precedenza tra Europa ed Asia è costituita da uno “scheletro” in Nitinol (Nichel Titanium Naval Ordinance Laboratory) e da dei lembi in pericardio di origine bovina. Si tratta della prima volta in cui questo tipo di bioprotesi valvolare trans-catetere è impiantata in Lombardia e la seconda in Italia.

La paziente era la candidata ideale per sottoporsi a questo tipo di intervento, presentando caratteristiche anatomiche peculiari quali una larghezza delle arterie iliache e femorali minimo di 6 millimetri e una distanza tra l’origine delle coronarie ed il piano valvolare di almeno 12 millimetri.

«Valutando le bioprotesi valvolari già disponibili sul mercato nessuna era indicata per le esigenze della nostra paziente, pertanto abbiamo compiuto una ricerca accurata al fine di individuare un device che potesse adattarsi all’anatomia della signora» spiega il dottor Maurizio Tespili.

«L’azienda produttrice di questa valvola è venuta incontro alle nostre richieste e ha riconosciuto la competenza della nostra Unità Operativa permettendoci di prendere parte al progetto legato al nuovo device. L’impianto ci ha consentito di evitare che la paziente, di età avanzata, si sottoponesse a un’operazione cardiochirurgica tradizionale che sarebbe stata molto più rischiosa. L’avvento di questa nuova valvola, con caratteristiche peculiari, rappresenta un nuovo tassello nella cura della stenosi valvolare aortica e la procedura può essere replicata su tutti i pazienti che presentano le medesime caratteristiche anatomiche della nostra paziente».

L’intervento, della durata di circa un’ora e mezza è stato eseguito con successo in anestesia locale, con la paziente sveglia e reattiva. Attraverso un approccio percutaneo l’équipe è intervenuta prima sulle coronarie, su cui è stata eseguita un’angioplastica, ed in seguito sulla valvola aortica dove è stata impiantata la nuova bioprotesi (TAVI). Trattandosi di una paziente fragile, si è ottimizzato il trattamento della stessa concentrando due procedure in una singola seduta operatoria, evitando la necessità di nuovi ricoveri per la paziente.

Dopo un brevissimo periodo, meno di 24 ore, in terapia intensiva e cinque giorni complessivi di ospedalizzazione, la paziente è stata dimessa al domicilio, senza necessità di riabilitazione cardiovascolare.

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