«Un viaggio nella vita», giovani bergamaschi alla ricerca dei «confini»

A GORIZIA. Una ventina di giovani bergamaschi a Gorizia: è un progetto profondo quello proposto dalla Comunità di San Fermo all’insegna del tema del «confine».

Il tutto è iniziato di prima mattina martedì 13 giugno presso la piazza della Transalpina/Trg Evrope, dove è stata svolta una breve ma indispensabile introduzione alla storia complessa del confine.

Il gruppo si è prefisso di conoscere i «confini», visitando e incontrando nel corso di cinque giorni luoghi e persone in grado di trasmettere pensieri e azioni di accoglienza e di pace. Per questo la prima visita è stata dedicata ai minori stranieri non accompagnati, ospitati presso la struttura del San Luigi di Gorizia. Vincenzo e Paolo hanno raccontato le storie di alcune di queste persone che hanno percorso la rotta balcanica, rischiando quotidianamente la vita, per arrivare in Italia. Hanno anche aiutato a comprendere quanto siano sbagliati e distruttivi i pregiudizi che impediscono la conoscenza e l’amicizia tra culture e popoli diversi.

La componente slovena in città

In termini diversi, lo stesso concetto è stato espresso al Kulturni dom, dove Aldo Rupel e Igor Komel hanno raccontato le vicende della componente slovena della città, le opportunità e le difficoltà del vivere insieme - parlando lingue diverse - nel medesimo territorio. I due relatori, partendo dalla loro esperienza personale, hanno raccomandato ai partecipanti di essere sempre costruttori di ponti e mai di muri.

L’incontro con don Alberto De Nadai

È stata la volta poi del Parco della Rimembranza e di una chiacchierata con don Alberto De Nadai che ha raccontato la vita e le relazioni con le persone più povere, fragili, deboli e dimenticate. Don Alberto De Nadai ha dedicato a loro al sua vita, fino a oggi quando, all’età di 92 anni, continua ogni giorno a visitare il carcere di via Barzellini e a ospitare in casa i detenuti in residenza coatta.

A Sveta Gora

C’è stato poi il tempo di risalire fino alla cima del Monte Santo, Sveta Gora. I giovani sono stati ricevuti dal rettore pater Bogdan Knavs che li ha accompagnati a vedere il bellissimo panorama dalla sommità del campanile e li ha intrattenuti raccontando la sua storia. Suscitando un moto di immediata simpatia e condivisione, ha raccomandato di cercare la propria strada nella vita, rimarcando come non si possa essere felici da soli, ma soltanto impegnando tutto sé stessi per donare felicità a tutti. In questo senso, raccontando la storia del territorio, ha evidenziato come si debba essere grati a coloro che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno rischiato e spesso perso la loro vita per liberare i popoli dal veleno nazista e fascista che tanto male aveva portato anche in questa parte dell’Europa.

A Nova Gorica

A Nova Gorica, i ragazzi bergamaschi hanno incontrato, presso il Mladinski Center, Jasmina Bolterstein e Majda Smrekar. La prima ha raccontato la vita della città, sottolineando soprattutto la situazione delle persone che hanno maggiori difficoltà e che devono essere accolte così come sono, perché ogni uomo ha una sua storia da trasmettere e non c’è da temere nulla dalla conoscenza e dall’amicizia che ci rendono più veri e più umani. La seconda ha presentato la sua associazione umanitaria KID, con la quella è impegnata nell’accoglienza dei più poveri, in particolare in questi ultimi anni delle famiglie fuggite dall’Ucraina, con le loro criticità e difficoltà.

Un pensiero a Franco Basaglia

A proposito di muri di abbattere e di confini da superare, l’ultimo passaggio della giornata è stato dedicato a Franco Basaglia, visitando il parco a lui dedicato collocato esattamente sulla linea di confine tra Italia e Slovenia. Lo psicologo Marco Visintin e lo psichiatra Alessandro Saullo hanno guidato il gruppo in una breve visita alle strutture del centro di salute mentale. La figura liberante e liberatoria di Basaglia e le conseguenze della sua esperienza goriziana, sono state fatte rivivere, nel percorso che ha condotto alla fine della separazione tra sani e malati e alla rivoluzionaria Legge 180. Tutti sono rimasti molto colpiti dalla passione e dalla competenza dei due accompagnatori, soprattutto dall’attenzione e delicatezza nei confronti delle persone che si trovano ad affrontare periodi particolarmente delicati e difficili nello scorrere ordinario della vita.

I ragazzi di Bergamo, che nel giorno precedente avevano visitato il Centro Balducci di Udine e avevano visitato il Centro banducci di Udine e avevano poi viaggiato nel tempo lasciandosi affascinare dalla spiritualità e dall’arte della basilica di Aquileia, hanno poi proseguito il loro percorso andando a Trieste. Nel capoluogo regionale li ha attesi la forza della testimonianza dei profughi della rotta balcanica, di chi ne cura fisicamente le ferite nei corpi, di chi quotidianamente cerca di costruire percorsi di giustizia e di pace per chi viene sistematicamente emarginato dalla società.

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