Un calvario lungo 15 anni, poi il trapianto
«Superato quello, tutto mi sembra bello»

La vita, come un concerto di Vivaldi, alterna suoni frenetici e inarrivabili silenzi, ritmi vivaci e struggenti. Sprofonda in momenti di oscurità e di sofferenza per regalare, subito dopo, all’improvviso, inimmaginabili altezze.

Tiziana Negri negli ultimi diciassette anni ha attraversato più volte tutti questi movimenti, in salita e in discesa, come in balìa di onde impazzite, fino a quando, due anni fa, ha subìto un trapianto di fegato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ormai conosce tutte le battute, è in grado di ripercorrerle, come i grandi concertisti, anche senza lo spartito. Quello che colpisce, però, guardandola, è la luce che ha negli occhi, nonostante tutto quello che ha passato, oppure, forse, proprio grazie a questo: «Da quando ho superato quell’operazione – racconta – tutto mi sembra bello. Ogni piccola esperienza, anche soltanto bere un cappuccino al bar con un’amica». Ha ritrovato le passioni della sua giovinezza. Ha ricominciato a suonare il violoncello, frequenta un corso di acquerello, dedica molto tempo alle attività sportive: nuoto, palestra e camminate in montagna con l’associazione degli Amici del trapianto di fegato di Bergamo. Accompagna suo marito, Igor Gogolev, violinista russo, nelle trasferte per i suoi concerti: «Entrambi – spiega – amiamo moltissimo la musica. A casa nostra c’è sempre qualche melodia nell’aria, spesso anche eseguita dal vivo».

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