Beffa, tre interpreti per un processo
Ma alla fine gli imputati non parlano

Due ore e mezzo di tempo e tre diversi interpreti che si sono dovuti cimentare in ben quattro lingue diverse: sono questi i numeri del processo per direttissima contro due donne e un uomo, finiti in manette al centro commerciale di Orio per tentato furto.

A determinare la durata proprio i problemi linguistici: all’origine da un lato la particolarità delle lingue e dall’altro il fatto che i tre, in caserma a Zanica, avevano accettato un interprete cinese. A finire in manette, infatti, sono stati una nordcoreana di 34 anni, una cinese di 26 e un cinese di 30: gli addetti alla vigilanza dell’Oriocenter li hanno fermati all’esterno del negozio Limoni, dopo che era scattato l’allarme, con una scatola metallica schermata.

In aula sono però sorti i problemi: la nordcoreana, con altri tre arresti al suo attivo, è stata sentita grazie a una interprete di inglese; gli altri due invece, presente già la traduttrice dal cinese, hanno candidamente fatto capire di non comprendere quella lingua, spiegando di essere mongoli. È stato quindi necessario convocare un’interprete di francese (impossibile reperirne uno di mongolo) e uno di russo, ma - beffa delle beffe - i tre si sono alla fine avvalsi della facoltà di non rispondere.

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