Cronaca / Bergamo Città
Sabato 21 Marzo 2020
Tempo di quaresima, quarta puntata
delle riflessioni con il vescovo - Video
Sabato 21 marzo la quarta tappa del percorso di quaresima 2020 con il vescovo Francesco Beschi.
Giungiamo così alla quarta tappa di questo particolare percorso di quaresima; tra le diverse proposte che ci aiutano a vivere la fede continua anche il percorso delle catechesi con il vescovo, in onda su Bergamo TV ogni sabato sera alle 20 dopo il TG edisponibili poi sul sito dell’emittente e su quello della diocesi. Il Vangelo di questa domenica ci viene incontro e ci mette di fronte a un bisogno del cuore così profondo che, forse oggi più che in altri momenti, si fa sentire in maniera quasi tangibile: il bisogno di avere una luce nella vita; una luce che rischiari il presente e che accenda una speranza per il futuro, una luce nella quale possiamo riconoscerci, muoverci ed esistere.
Così esordisce il Vescovo Francesco in questa domenica: «Il cieco nato che viene guarito, viene guarito perché ai suoi occhi è restituita la luce. E la luce dice della necessità di comprendere le cose, non soltanto di vederle, quindi è certamente la luce dell’intelligenza, della scienza, della conoscenza. Ma nello stesso tempo noi abbiamo bisogno di una luce non fredda, abbiamo bisogno di una luce calda. Le luci fredde a volte ci intimoriscono e ci inquietano; la luce calda è la luce dell’amore, la luce degli affetti, la luce dell’amicizia. In questa luce noi viviamo meglio, noi comprendiamo meglio lo spessore della vita. Ma c’è una luce che noi vogliamo riproporre a noi stessi, proporre anche a chi non crede, ed è la luce della fede: illumina lo sguardo e permette di poter andare oltre alle apparenze».
Nella Chiesa antica, il nome con cui venivano chiamati i cristiani era quello di «illuminati»: non perché avessero capito chissà cosa o perché fossero particolarmente intelligenti, ma perché erano consapevoli di aver trovato la luce che illumina e rende possibile vedere le cose in modo diverso. I cristiani sono coloro che fanno quest’esperienza: sanno che la luce cambia le cose, che ciò che illumina ha il potere di far risaltare alcuni colori e alcuni tratti e di metterne in ombra altri. Se chiedi a due tifosi sfegatati di due squadre diverse che si sono appena affrontate di commentare a caldo la partita, ti accorgi subito della potenza della luce che illumina le cose, della forza della loro passione: sembra di ascoltare il racconto di due partite diverse. Già, perché la luce cambia la realtà, la trasfigura, proprio come le vetrate delle grandi cattedrali medievali sono capaci di vestire la grigia pietra uniforme di una vitalità che lascia senza parole. Questa è l’esperienza della conversione, la storia del cieco nato del Vangelo e l’opportunità offerta ai cristiani: lasciarsi incontrare da quella luce che forse non cambia la realtà, ma la pennella in modo diverso, dona occhi nuovi, lascia emergere ciò che senza di essa era impossibile riconoscere, esalta tonalità e dettagli che altrimenti sarebbero passati in sordina come orpelli di second’ordine. Questo fa la luce della fede: ci permette di vedere speranza lì dove uno sguardo umano vede solo delusione, di riconoscere fratelli lì dove non ci sono altro che sconosciuti, di scorgere orizzonti di impegno e cambiamento lì dove il senso comune direbbe di lasciar perdere.
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