«Stent e valvole: la mia vita in ospedale»
Trentamila interventi in 40 anni

In pensione Orazio Valsecchi, capo del Dipartimento cardiovascolare e della Diagnostica interventistica dell’Asst Papa Giovanni. «A disposizione da medico volontario».

«Mi metto a disposizione dei pazienti e dell’ospedale per il quale ho lavorato per quarant’anni. Farò il primario di me stesso, offrendo la mia professionalità e la mia esperienza ai malati e ai colleghi più giovani come medico volontario, e quindi, lo dice la parola stessa, non remunerato, per alcuni giorni alla settimana: certo, dopo tanto tempo passato qui, un po’ strano mi sento. Non è che io fossi proprio pronto a vincere il concorso dell’Inps...». Orazio Valsecchi, classe 1951, stempera con l’ironia di sempre e il sorriso sornione familiare a colleghi e pazienti l’emozione dell’aver lasciato per motivi pensionistici l’incarico di direttore del Dipartimento cardiovascolare e della Cardiologia 2 Diagnostica interventistica dell’Asst Papa Giovanni. «Una vita nella vita, diciamolo», continua.

Una vita al servizio della medicina e dei pazienti, una vita di ricerca e di studio che ha contribuito all’evoluzione della cardiologia: ora si parla di stent, di valvole aortiche impiantati come se fosse una passeggiata, ma la cardiologia interventistica è stata una svolta epocale per l’approccio terapeutico e diagnostico alle patologie del cuore e dell’apparato cardiocircolatorio. «Mi piace sottolinearlo: ho avuto il destino di esercitare in un periodo molto fortunato per la mia disciplina. E la fortuna maggiore è stata quella di aver lavorato qui, a Bergamo, in un ospedale dove si è formata una importante tradizione cardiologica e cardiochirurgica, dove professionisti lungimiranti come Lucio Parenzan e Giorgio Invernizzi hanno saputo aprirsi alle novità. L’abbiamo inventata noi, la cardiologia interventistica, quelli della mia generazione, grazie alla volontà di collaborazione tra cardiologi e cardiochirurghi, non così scontata. Prima per chi aveva problemi cardiaci c’erano due strade: o una terapia farmacologica, o un intervento cardiochirurgico, a cuore aperto, con un postoperatorio pesante per i malati».

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