Si può lanciare insulti? Sì
Basta farlo sul web e da tifosi

Dare dell’uomo di m... e dell’infame a qualcuno è diffamatorio? Secondo il procuratore aggiunto Massimo Meroni no, se scritto su internet e nell’ambito del tifo calcistico.

Il magistrato ha infatti chiesto l’archiviazione per 10 tifosi nerazzurri denunciati dal giornalista della Gazzetta dello Sport Roberto Pelucchi contro il quale si erano accaniti sul sito «Atalantini.com». E lo ha fatto con motivazioni che sembrano trasformare lo strumento (il web) e la sfera (la passione calcistica) in vere e proprie scriminanti. Insomma, dare dell’uomo di m... su un giornale o un volantino, in pratica su qualcosa di cartaceo, potrebbe ancora rappresentare una diffamazione, mentre nell’evoluto ma in fondo più rude mondo dei byte sarebbe consentito. Soprattutto se si disquisisce (?) di pallone.

«L’offesa è di tenue entità - scrive infatti Meroni nella richiesta - (...) in considerazione del mezzo usato (Internet) nel quale è diventata prassi comune fare sfoggio da parte di tutti gli utenti di un linguaggio, per così dire, colorito e del fatto che i commenti ritenuti diffamatori risentono del tifo calcistico in cui è del tutto abituale e ormai accettato esprimersi in toni accesi».

Argomentazione che ha offerto il destro all’avvocato Veronica Panzera, tramite la quale Pelucchi s’è opposto all’istanza di archiviazione (il gip Palestra s’è riservato la decisione): «L’uso dello strumento di internet non può giustificare offese gratuite (...). Vi è, infatti, il rischio di punire per le medesime offese arrecate verbalmente o con il mezzo della stampa e non quelle connesse all’uso di internet», sostiene il legale nella sua memoria.

La vicenda riguarda i commenti a un articolo di Pelucchi sul calcio scommesse. C’è da dire che molti dei post incriminati sono al confine con la critica feroce e cruda ma legittima. Alcuni virano all’offensivo-grottesco («Pelucchi come Wanna Marchi. Imbroglioni»); altri, invece, tipo i succitati «uomo di m...» e «infame», paiono pacificamente tracimare nel reato. Scritti da ultrà con la giugulare gonfia? Macché: e qui sta la sorpresa. Perché tra i 10 indagati ci sono un praticante avvocato, un ingegnere autore di tre libri (il suo intervento è, in effetti, tra i più articolati) e uno studente universitario che forgiava i suoi pensieri telematici dai computer della facoltà che frequenta. Insomma, supporters della porta accanto, più a loro agio tra le retrovie informatiche del tifo che sulle balconate della Nord. Alcuni dei quali non immuni da quella vigliaccheria aggressiva che l’utilizzo di un «nickname »contribuisce ad alimentare. Ma quando i 10 sono stati smascherati e la cortina dell’anonimato è caduta, si sono trovati nudi di fronte alle proprie responsabilità. Qualcuno ha chiesto scusa, altri hanno giurato che non volevano offendere, altri ancora hanno offerto un risarcimento, preludio del ritiro della querela e della sicura archiviazione.

«Spero tanto per Lei sig. Pelucchi di non incontrarla mai in giro per Bergamo, stia certo che mi farei riconoscere e le lascio immaginare come...!!!», scriveva uno. Pare che l’autore del post ieri fosse tra quelli in aula, al cospetto del bersaglio della sua spacconeria: ma se n’è ben guardato dal farsi riconoscere.

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