Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 01 Febbraio 2016
«Salvini non ha mai lavorato»
Si può dire: il gip archivia la querela
Il Tribunale di Bergamo, con un (gustoso) provvedimento firmato dal Gip Tino Palestra, ha archiviato la querela per diffamazione presentata dal segretario della Lega Matteo Salvini nei confronti de «Il Fatto quotidiano.
Nello specifico, dell’autore dell’articolo, il bergamasco (d’adozione) Davide Vecchi. Nel testo si rilevava tra l’altro come Salvini «non avesse lavorato un giorno in tutta la sua vita», con diversi riferimenti alla chiusura de La Padania e non solo. Va detto che il dispositivo di Palestra è decisamente gustoso, di quelli che strappano più di un sorriso visto i personaggi in campo: «Titolo certamente già significativo (“Matteo Salvini e le sue boutades populistiche: pura propaganda elettorale per stolti”), con particolare roferimento nel contesto di un pezzo comunque interamente e volutamente polemico al fatto che lo stesso Salvini (e il suo partito) non si erano dimostrati in grado di gestire imprenditorialmente neppure il loro giornale, la cui vita si sarebbe mantenuta solo grazie ai soldi pubblici; al fatto che - come parlamentare europeo - avrebbe brillato esclusivamente per assenteismo e irrilevanza; che non avrebbe “mai lavorato un giorno in tutta la sua vita” , e che comunque tutte le sue iniziative pubbliche - tipicamente quelle relative al problema dei campi rom o comunque dei rifugiati in Lombardia - altro non sarebbero che fumo negli occhi da dare in pasto ai suoi elettori, per giunta “dimenticandosi” che tante situazioni derivano direttamente da scelte governative degli anni passati rispetto alle quali (se non lui personalmente) il suo partito non poteva certo chiamarsi fuori» scrive Palestra nella premessa.
«Superata de plano ogni questione relativa al (buon) “diritto” di Vecchi, e di qualunque altro giornalista, di condurre con i suoi articoli (anche) una battaglia politica nei confronti di portatori di idee e opinioni che ritenga di non condividere o anzi francamente di contrastare, si tratta innanzitutto di valutare quali siano gli aspetti francamente menzogneri dell’articolo, e francamente non se ne ritrovano, nella misura in cui la accusa di “assenteismo” viene collegata alle specifiche affermazioni di un eurodeputato francese (e comunque non trovano una particolar smentita nei report del parlamento europeo...); l’accusa di aver mandato (economicamente) a catafascio il giornale di partito, tenuto in vita soltanto dai contributi pubblici, riporta a circostanza sotto gli occhi di tutti (e poco importa che si tratti di un destino rivelatosi comune a tutte le altre testate di partito...)».
«Ed infine, quanto alla storia del “non avere mai lavorato”, basta osservare che - nel linguaggio comune - costituisce una frase che si predica del (deprecatissimo!) “professionista della politica” che - magari - “politicamente” occupato per 15 ore al giorno - tuttavia non svolge o non ha mai svolto nessuna “attività civile” (e neppure nel suo atto d’opposizione all’archiviazione Matteo Salvini ha potuto dimostrare di avere fatto “qualcosa” al di fuori della Lega...)».
Tutto il resto «è ovviamente valutazione politica, per quanto graffiante e “fastidiosa” (anche se è ovvio che il lettore medio del Fatto Quotidiano si è già fatto di suo - di Matteo Salvini, della Lega Nord e comunque del movimento padano - una idea che non nasce certo dall’articolo di Davide Vecchi: e per contro, il “leghista tipo” non legge il Fatto Quotidiano e comunque pensa - a prescindere- che i suoi scritti rappresentino l’espressione delle forze del male...). Dal punto di vista della cosiddetta “continenza”, le osservazioni del Pm (che aveva presentato richiesta di archiviazione alla quale Salvini si era opposto - ndr) sono perfettamente centrate e condivise; e sull’interesse pubblico non c’è nemmeno da discutere, a fronte del rilievo politico del personaggio».
«Certo, se giudizi come quelli espressi da Vecchi su Salvini fossero apparsi sul mensile delle Suore Domenicane, parlando della (reverendissima) Madre superiore del (concorrente) Ordine delle Suore Orsoline, ci sarebbe stata ampia materia per il reato di cui all’articolo 595 del Codice penale, ma nel nostro caso, se non siamo nella vasca degli squali, certo non siamo in quella dei pesci rossi» conclude Palestra. Che archivia il procedimento.
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