Crisi di governo, tutti contro tutti
Salvini: intese Pd-M5S. Di Maio: giullare

Il vice premier leghista teme un «inciucio» fra Pd e Movimento Cinque Stelle. I pentastellati gli rispondono dandogli del traditore. Zingaretti: «Il populismo al governo ha fallito, per questo la sfida delle elezioni non è persa. Ci saranno due alternative: la Lega o il Pd». Il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha convocato i capigruppo per lunedì 12 agosto, per stabilire la data del voto di sfiducia, atteso, al momento, per dopo Ferragosto.

Il giorno dopo l’avvio della crisi, è già piena campagna elettorale. È tutti contro tutti. Matteo Salvini teme un «inciucio» fra Pd e Movimento Cinque stelle. I pentastellati gli rispondono dandogli del «giullare», del traditore, accusandolo di aver accelerato la rottura per evitare l’approvazione della legge sul taglio dei parlamentari. Il premier Giuseppe Conte si è invece preso una giornata di riflessione. Si è fatto vedere poco a Palazzo Chigi. I suoi collaboratori dicono che ha preferito passare delle ore in famiglia. Quello che aveva da dire lo ha detto venerdì 9 agosto in una conferenza stampa all’attacco di Salvini. Intanto si delinea il percorso che porterà alla caduta ufficiale del governo. Il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha convocato i capigruppo per lunedì 12, per stabilire la data del voto di sfiducia, atteso, al momento, per dopo Ferragosto. La Lega ha già presentato la sua mozione: «Troppi no», come quello «clamoroso e incredibile alla Tav, fanno male all’Italia», c’è scritto.

Ma i pentastellati rilanciano: approviamo subito in via definitiva la sforbiciata alla poltrone. L’intenzione del partito di Di Maio è quella di chiedere la convocazione straordinaria della Camera per votare la riforma prima della discussione al Senato sulla mozione di sfiducia. E allora anche il Pd ci prova: votiamo anche la mozione di sfiducia a Matteo Salvini, quella che i dem hanno depositato tempo fa sui sospetti fondi russi alla Lega. Salvini guarda con sospetto a queste sfide, a questa convergenza di attacchi. Prima attacca: sono solo stratagemmi per non andare a votare, visto che «tanta gente ha paura di non essere rieletta». Poi evoca lo spetto degli «inciuci», dei governi tecnici. «Sento che ci sono toni simili tra Pd e M5S – dice – Sarebbe incredibile un governo Renzi-Di Maio. Sarebbe un governo inaccettabile per la democrazia».

Chiamati in causa, Cinque Stelle e democratici negano alleanze segrete, piani sotterranei. I primi gli danno del traditore, mentre Zingaretti sentenzia: «Il populismo al governo ha fallito», per questo la sfida delle elezioni «non è persa. Ci saranno due alternative: la Lega o il Pd». L’ex premier Matteo Renzi replica da Facebook: «Caro Salvini, meno mojiti, più camomille». Il leader della Lega ha fretta di andare a elezioni, di mettere a reddito il malloppo di consenso elettorale accumulato in questi mesi di governo. Sarà candidato premier, vuole che gli italiani gli diano «pieni poteri». Ha anche accarezzato l’idea di far correre la Lega senza alleati, e di vedere come va, per guardarsi attorno dopo le elezioni, nel caso in cui non possa fare da sola. I compagni di viaggio naturali sono Fi e Fdi.

Gli azzurri stanno facendo i conti con la diaspora di Giovanni Toti. Il governatore della Liguria ha già annunciato che il simbolo del suo movimento, «Cambiamo», sarà sulla scheda elettorale. Fdi si fa forte degli esiti delle ultime tornate elettorali. Così Giorgia Meloni avverte Salvini. «Noi le alleanze le facciamo prima del voto e non dopo. Non avrebbe molto senso rischiare di fare un altro governo con un gioco di palazzo dopo il voto, piuttosto che un’alleanza che gli italiani invocano da mesi». In serata Salvini sembra aprire: «Non si è deciso se correremo da soli. Abbiamo un’idea di Italia per i prossimi cinque anni che sottoporremo a chi la condivide con noi».

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