Cronaca / Bergamo Città
Martedì 10 Novembre 2020
Roby Facchinetti scrive a Stefano
Su Fb una lettera di ricordi e promesse
«Quando il dolore è troppo profondo e ci devasta, è difficile fare altro che dar spazio a lacrime e silenzio. E infatti avrete notato, nelle ultime ore, quanto poco io abbia parlato, di questa tragedia della perdita del nostro amatissimo Stefano». Roby Facchinetti si rivolge prima ai suoi tanti amici di Facebook per poi scrivere un messaggio di grande emozione e sentimento all’amico e collega di sempre, Stefano D’Orazio.
«Credo che ora sia giunto il momento di condividere con voi anche qualche parola e qualche riflessione, oltre al dolore; a Stefano glielo dobbiamo, in fondo, glielo devo. Fra l’altro, ieri a Roma (martedì 9 novembre, durante i funerali, ndr), la sua città, la città più bella del mondo, sono stato testimone d’un omaggio impareggiabile nei suoi confronti: e di riflesso un po’ anche nei confronti della storia dei Pooh. La sindaca Raggi ha voluto che Roma si accomiatasse da un suo figlio autentico in modo splendido, commovente, anche confortante. Per me, per i miei amici per sempre, soprattutto per Tiziana, per sua sorella Paola, per la figlia Silvia«.
«Il Campidoglio, addirittura, ha dato il primo commiato a Stefano. Poi tutta Roma, colma di persone in lacrime e di applausi per lui. E poi in piazza del Popolo c’eravate moltissimi di voi, del popolo dei Pooh, che lo salutavate anche cantando le nostre, le sue canzoni. E credete, tutto questo ha alleggerito un poco la devastazione per la perdita di Stefano. È stato un regalo, un riconoscimento unico, per il quale voglio ringraziare la sindaca Virginia Raggi e Roma stessa: grazie Roma, come cantava in quella magnifica canzone l’amico Venditti».
Poi Roby Facchinetti si rivolge all’amico: «Ancora oggi, comunque, faccio fatica a credere che ci hai lasciati, amico mio. Il messaggio della tua adorata Tiziana al telefono, venerdì sera, è stato solo il primo chilometro d’una maratona di dolore e smarrimento, il primo passo d’un lungo viaggio nell’incredulità, nel non accettare di non poterti più chiamare, vedere, abbracciare. Porto ancora spesso, istintivamente, la mano al cellulare per farti uno squillo, sai? Per continuare a parlare e a lavorare insieme, come abbiamo fatto in questi anni dal “Parsifal” a “Rinascerò rinascerai” agli altri inediti. E invece…».
«Però, Stefano, ci lasci poesie straordinarie. Ci lasci una lezione di impareggiabile generosità umana. Ci lasci la tua ironia: pure poco prima del tuo ricovero in ospedale, quando mi hai svelato che il tampone era purtroppo risultato positivo, non dimenticherò mai come hai cercato di cancellare dalla mia mente il gelo che improvvisamente la attanagliava dicendomi allegramente “Sì ma Roby, guarda che tutto il resto va benissimo, eh!?”».
«Sei stato davvero un grande uomo, Stefano. Una persona magnifica, forse la migliore che abbia conosciuto. Ed è stato un dono poter condividere anche con te l’avventura più bella della mia vita. Quello che mi hai insegnato lo terrò sempre nel cuore, e assieme alla tua arte sappi che ti rende immortale, ti rende sempre vivo, fa che tu sia continuamente con noi».
«E ci tengo a ribadire questa consapevolezza anche a tutti coloro che ti hanno amato. In primis alla cara Tiziana, con cui hai avuto un rapporto simbiotico e cui hai voluto dedicarti, lasciando l’astronave dei Pooh nel 2009. Tiziana, credimi, ora Stefano è ovunque. Sopravvive nella musica, nei testi, nei libri, nei ricordi, nell’aria. E tutti gli possiamo, gli potremo sempre parlare, soprattutto tu. Tu che l’hai vissuto come nessuno mai. E questo non può consolare, lo so, però è un fatto. È un fatto bellissimo, di cui devi restare sempre orgogliosa e consapevole».
E poi una vera e propria lettera che Roby Facchinetti pubblica su Facebook
«Caro Stefano… Quante frasi delle canzoni che hai scritto mi tornano in mente in queste ore difficili, amico mio… Soprattutto mi rimbomba nella memoria quel “Siamo nati per combattere la sorte / ma ogni volta abbiamo sempre vinto noi”. E mi incazzo, sai?, per lo scherzo crudele di questa sorte. Tu che amavi la vita, tu che le hai dedicato un inno, e la vita che ti ha portato via. Però appunto sono momenti, questi, inevitabili momenti di smarrimento. Tu, Stefano, rimani e rimarrai».
«Ed io da domani ti prometto che lavorerò perché il nostro “Parsifal”, anch’esso rinviato dalla pandemia, possa andare in scena e andarci come tu lo volevi. Mi assumo la responsabilità di questo, vivrò artisticamente anche e soprattutto per questo, d’ora in poi. Ma ora le parole finiscono... E che rabbia anche a pensare che tu non ci hai neanche potuto lasciare l’ultima tua parola, Stefano, come avevi scritto nel nostro nuovo brano pensando a Valerio. E questa impossibilità di salutarti, starti accanto, sentire la tua ultima parola sconvolge tantissimo, credimi».
«Però vale sempre quanto aveva scritto il nostro Poeta, sai? E senz’altro l’avrà ribadito anche a te, accogliendoti in un abbraccio là dove ora siete insieme, che alla fine quello che resta, quello che conta, specie in una vita come la tua, specie di una persona come te, è amore. Amore, amore, amore, solamente amore».
«Per ora dunque ciao, Stefano. Anzi… Solo una cosa, ancora. Grazie d’aver scritto per noi anche quei versi magnifici, nei quali ho la certezza che hai anticipato il senso forte di questo periodo tremendo, che recitano “Quando tutto sarà finito / torneremo a riveder le stelle”. Perché sai, pensandoci su, trovo bellissimo pensare che adesso che per te tutto è finito, per quanto ciò ci addolori, le stelle tu le starai facendo ridere: rendendole ancor più luminose. Perché adesso la tua casa è proprio lassù fra le stelle. Quelle stelle per cui pure tu hai dovuto timbrare il passaporto».
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