Rincari di energia e materia prime, produrre il pane costa il 30% in più

L’allarme Capello e Ferrandi (Aspan): «Riduciamo il nostro margine di guadagno, ma ricadute sui consumatori ci saranno».

I rincari di materie prime ed energia spingono al rialzo il costo di produzione del pane, che in media registra aumenti nell’ordine del 30 per cento. Le quotazioni di grano e cereali hanno raggiunto i massimi da oltre dieci anni e i consumatori si dichiarano preoccupati per l’aumento generalizzato dei prezzi. Dal canto loro, i panificatori stanno facendo di tutto per assorbire gran parte degli aumenti, riducendo la marginalità, senza pesare troppo sul cliente finale. Il consumo quotidiano di pane si aggira sugli 80 grammi a testa e, calcolando una media di 5 euro al chilogrammo, stiamo parlando di una spesa al consumo inferiore ai 50 centesimi che per 30 giorni fanno 15 euro al mese.

L’aumento del 30%, non ancora applicato dalla stragrande maggioranza dei panifici, non impatta forse così violentemente sul bilancio di una famiglia, ma il maggior costo si somma a tutti gli altri rincari, dall’energia ai carburanti, fino al carrello della spesa. E per il futuro le prospettive non sono rosee, perché occorrerà comprendere l’evoluzione del conflitto in corso, tra speculazioni e incertezze.

«Situazione preoccupante»

«La situazione è sicuramente preoccupante, perché all’aggravante crescita dei prezzi delle materie prime registrata nei mesi scorsi, si è sommato l’evento bellico – commenta Roberto Capello, presidente regionale e nazionale dei panificatori – . La conseguenza è una grande speculazione, a cui si è aggiunta la componente energetica. Al prezzo del grano occorre sommare il costo per la trasformazione in farina, la lavorazione e infine la cottura nei forni». Luce e gas erano cresciute già prima dell’evento bellico e ora si guarda con preoccupazione al calo di disponibilità del grano.

«Se è vero che non dipendiamo molto, dal punto di vista della panificazione, dalle materie prime provenienti da Ucraina e Russia, siamo consapevoli che tutti i prezzi dei cereali sono aumentati e continueranno a crescere – prosegue Capello –. Oggi i clienti fanno molta più attenzione negli acquisti, ma spesso senza una motivazione logica. Il mio consiglio è diminuire gli sprechi, perché ancora oggi i prodotti alimentari vengono troppo spesso gettati nell’immondizia. Si possono acquistare prodotti come le pagnotte che non diventano subito rafferme, anche perché il pane negli anni ha cambiato la sua funzione da prodotto per “riempire la pancia” a semplice accompagnamento».

«Per non far dipendere da produzioni lontane occorre implementare la produzione nella nostra provincia, anche se oggi molti coltivatori non ritengono conveniente seminare, a causa del forte aumento dei costi di produzione»

Nel frattempo dai fornai i primi aumenti si sono già toccati con mano. «È indubbio che ci saranno ripercussioni sul consumatore, così come anche noi panificatori dovremo imparare a mettere in atto processi virtuosi per abbattere le spese – conclude Capello –. Sinora siamo riusciti a contenere i rincari, diminuendo le marginalità d’impresa, ma è chiaro che non si può andare avanti all’infinito».

I panificatori orobici rilanciano la coltivazione del frumento a filiera corta. «L’aumento delle materie prime si sta facendo sentire – conferma Massimo Ferrandi, presidente di Aspan Bergamo –. Per non far dipendere da produzioni lontane occorre implementare la produzione nella nostra provincia, anche se oggi molti coltivatori non ritengono conveniente seminare, a causa del forte aumento dei costi di produzione. Dall’inizio della pandemia siamo sempre stati vicini ai nostri clienti, rendendoci disponibili anche nella consegna della spesa a casa e anche oggi stiamo cercando di non ricaricare tutti i maggior costi sul prezzo del pane, anche se ogni giorno è sempre più difficile».

«Vicini ai clienti»

A un primo aumento del costo delle farine tra ottobre e novembre «ne sono seguiti altri e oggi il conflitto fra Russia e Ucraina rappresenta un’ulteriore instabilità – aggiunge Luca Tresoldi, dell’omonimo panificio di viale Papa Giovanni XXIII –. La botta energetica ha rappresentato il colpo di grazia, tanto che oggi il costo di produzione per la cottura, tra luce e gas, supera ampiamente quello per la materia prima. Sinora abbiamo assorbito gli aumenti ammortizzando i maggiori costi per andare incontro ai nostri clienti, sperando che lo sforzo venga apprezzato e che entro sei mesi esploda questa bolla speculativa, in modo da tornare su livelli normali».

«La botta energetica ha rappresentato il colpo di grazia, tanto che oggi il costo di produzione per la cottura, tra luce e gas, supera ampiamente quello per la materia prima»

La clientela si avvicina alla vetrina e scruta i prezzi dei prodotti da panificazione. «Sta aumentando tutto e non si vede la fine dei rincari – fanno presente Vincenzo Cavallari e Pierina Barcella – Vorremmo capire il motivo. Abbiamo superato gli 80 anni ma non ci ricordiamo periodi difficili come questo. Ai nostri tempi si iniziava a lavorare già alle elementari in modo da permettere alla famiglia di mangiare, ma tutti i nostri sacrifici appaiono come sprecati e rischiamo di lasciare ai giovani un’Italia molto più povera».

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