Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 21 Dicembre 2016
Rapina, lavoro e amicizie
La vita di Daniela ai raggi X
Inquirenti al lavoro per ricostruire gli ultimi movimenti della 48enne uccisa a Colognola martedì sera.
Le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Bergamo, coordinati dal procuratore Walter Mapelli e dal pm Davide Palmieri, stanno scandagliando tutti gli aspetti della vita di Daniela Roveri, la donna di 48 anni trovata uccisa ieri con una coltellata alla gola sul pianerottolo di casa a Bergamo. Non è esclusa l’ipotesi della rapina perché sarebbe spariti la borsa e un telefono cellulare della vittima ma si stanno anche sentendo persone che appartengono al suo ambiente lavorativo per capire se qualcuno nutrisse del rancore verso la donna, una dirigente di azienda. Allo stesso modo si stanno verificando le conoscenze della Roveri e ricostruendo, attraverso testimonianze, le sue ultime ore di vita.
Ma chi era Daniela Roveri? Quarantotto anni, il diploma al Liceo scientifico «Lussana» e una laurea in Economia e Commercio all’Università di Bergamo conseguita a metà anni ’90. Poi l’impiego a San Paolo d’Argon dove in breve era arrivata a posizioni di grande responsabilità, sulle orme della madre che aveva ricoperto analoghi incarichi in quella importante ditta meccanica. Una vita riservata a Colognola, in quella signorile palazzina dell’Azzanella, in via Keplero con le stanze dell’appartamento al quarto e ultimo piano che si affacciavano sul parco.
Daniela Roveri ha sempre vissuto qui, insieme alla madre: orfana di padre (morto in un incidente stradale) da ragazzina, la sua famiglia era d’origine emiliana. Si era trasferita qui da piccola ed era cresciuta a Bergamo. Carattere molto serio ma socievole, non il tipo che dava amicizia a tutti e subito: riservata e professionale nel lavoro come nella vita privata. Non ci sono tracce di lei nei social network, nemmeno in quelli a più alto tasso professionale, come Linkedin. La sua vita si è conclusa nel modo più tragico possibile, un colpo alla gola nell’androne di quel palazzo che conosceva benissimo: uno spazio appena sotto il piano stradale, ma comunque visibile dall’esterno, luminoso. Daniela tornava dal lavoro, aveva parcheggiato l’auto nella piazzetta davanti a casa e poi l’incontro con il suo assassino. La madre preoccupata per non averla vista rincasare l’ha chiamata al cellulare che risultava però spento. È scesa nell’androne e ha trovato il corpo senza vita della figlia, davanti all’ascensore. All’appello manca una delle tre borse che aveva con sé, quella con gli oggetti personali. Accanto a lei, invece, le altre due: quella del lavoro e quella della palestra. Un tentativo di rapina degenerato o altro? Sono tante le domande alle quali gli inquirenti dovranno dare risposta, cominciando dall’esame delle sue frequentazioni.
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