Quando nel 1630 ospitò i malati di peste
Bergamo, alla scoperta del Lazzaretto

Visite guidate per il complesso che oggi ospita sport e concerti ma che rappresenta una delle pagine più difficili della nostra città, quando nel 1630 si diffuse anche nella nostra città la terribile epidemia che causò nel nostro territorio più di 55mila morti.

Domenica 9 luglio alle 16.00 “Un museo al mese” vi porta al Lazzaretto che prevede una visita guidata gratuita per adulti e un’attività ludica gratuita per bambini dai 6 agli 11 anni. Il percorso all’interno del Lazzaretto di Bergamo ci consente di ripercorrere una delle pagine più terribili nella storia della città: l’epidemia di peste del 1630. Attraverso le parole della relazione di Lorenzo Ghirardelli, allora cancelliere dell’Officio di Sanità, ci addentreremo tra le vie di Bergamo, lungo la strada che da borgo San Tomaso conduceva i carri carichi di malati sino al Lazzaretto.

Per i bambini un’incursione in questo mondo di malattie e superstizioni armati di un lasciapassare personalizzato e tanta fantasia. Alla fine del viaggio, con una gara senza frontiere, i piccoli misureranno le conoscenze storiche, mediche (e magiche!) conquistate. Prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti al numero 035.247116 (telefonare da mar a dom. h. 10.00-13.00/ 14.30-17.00). Visita guidata e laboratorio gratuiti. Ingresso adulti gratuito.La struttura del Lazzaretto, un quadrilatero di 130x129 mt, nasce nel 1504 per volontà della Repubblica di Venezia, sotto la quale Bergamo si trovava dalla Pace di Ferrara del 1428, allo scopo di isolare e rinchiudere gli ammalati di peste. I rettori della Serenissima scelgono un luogo periferico, non solo rispetto alla città sul colle, ma anche ai borghi.

La zona è infatti al di fuori della cerchia delle Muraine, immersa in aperta campagna (le carte del tempo restituiscono immagini di campi coltivati), attraversata dalla Roggia Serio e con due soli edificati: il Lazzaretto e il complesso conventuale dei Celestini, poi Canonici lateranensi. In un primo tempo solo una parte del Lazzaretto ospita le celle per gli appestati; il lato nord/ovest presenta locali adibiti a scuderie, rimesse per carri e depositi di foraggi. Solo con la peste del 1576 vengono costruite altre venti celle per ospitare i contagiati. Al centro del quadrilatero viene costruita una chiesa dedicata ai S.S. Rocco e Sebastiano, oggi non più esistente. Tutte le celle si affacciano sul portico mediante una finestra e una porticina. La struttura tipica della cella presenta, al centro della parete, un camino, alla sua sinistra, in una nicchia, il gabinetto arieggiato mediante una piccola feritoia, e l’acquaio in pietra arenaria, accanto al quale si trova un armadio a muro.

A causa del numero crescente di contagi, a partire dal 1630 si decide di seppellire i cadaveri non più nelle chiese ma al di fuori delle mura, tra i baluardi delle porte di S. Lorenzo e di S. Agostino, nei cosiddetti fopponi. Per evitare il fetore si ordina che la zona venga ricoperta di calce viva e che si brucino dei ginepri e altre fronde odorose. Il contagio del 1630, nell’arco di 5 mesi, registra un numero di morti pari a 56.855 persone, di cui 9.533 in città e 47.322 nel territorio. Il corpo dell’appestato, già indebolito dalla carestia, nell’arco di due-tre giorni incontrava sicura morte, anche perché i rimedi si rivelano del tutto inefficaci. Portare in mano una palla di cipresso, di lauro, di ginepro, internamente svuotata e riempita di una spugna impregnata di acquaragia e aceto, ruta ben pestata con maggiorana e con rose rosse e grani di canfora; masticare cose aspre e acetose, oppure utilizzare la triaca (un composto di più di 50 sostanze) o l’olio di scorpione. Molti i cittadini che partecipano a processioni e riti devozionali credendo che la peste sia una punizione divina mossa dai molteplici peccati.

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