Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 15 Febbraio 2017
Quando alla Fara c’era il «fupù»
Mega buca sparita negli anni Trenta
Storylab ci regala un’altra immagine curiosa: la Fara con in primo piano il «fupù», una mega buca naturale che fu coperta dagli anni Trenta con il materiale delle case demolite in Città Alta. Oggi c’è un grande prato con campo da calcio.
Vallone, foppone, fupù. Tanti nomi per questa buca che un tempo caratterizzava la zona della Fara in Città Alta, di fronte al complesso di Sant’Agostino. Da Storylab affiora uno scatto dell’Archivio Wells che ci mostra come era questo luogo prima che la buca venisse coperta. Una buca profonda e di dimensioni notevoli, come si vede anche osservando la persona ritratta nello scatto: in piedi sull’orlo del burrone, appare davvero minuscola. Il foppone fu ricoperto dagli anni Trenta in poi, con le macerie delle case demolite in Città Alta nel piano di risanamento avviato dall’ingegner Luigi Angelini, di cui vi abbiamo parlato anche in questo articolo. I lavori che rivoluzionano Città Alta cominciano nel 1934, quando il podestà Antonio Locatelli incarica l’ingegnere bergamasco di realizzare uno studio che consenta di «conservare al massimo grado il carattere ambientale della città» ma ne migliori le condizioni. Si parte dalle arterie centrali del centro storico, via Gombito e via Colleoni. Gli edifici affacciati sulle vie vengono mantenuti ma si fa spazio nelle parti interne, con demolizioni parziali e cortili.
Il piano prevede l’abbattimento delle case in stato di abbandono e irrecuperabili, la formazione di una strada interna che colleghi senza soluzione di continuità il Mercato delle Scarpe e Colle Aperto. Si punta a creare in Città Alta «nuove comodità cittadine con passaggi pedonali, allacciamenti di strade con scalinate, bagni pubblici, un mercato rionale, lavatoi e spazi a giardino», oltre al miglioramento interno di tutte le case risanabili, con il consolidamento statico di vari edifici. Lavora di qua, lavora di là, le macerie dai cantieri finirono nel vecchio «fupù» fino a colmarlo. Ecco il confronto tra ieri e oggi (foto Bedolis).
© RIPRODUZIONE RISERVATA