Primo weekend Fase 2: controlli stretti
Le contraddizioni di una norma non chiara

Dopo quasi due mesi di lockdown ci si prepara al primo weekend della Fase 2, una sorta di fine settimana a «libertà vigilata» banco di prova del senso di responsabilità dei cittadini. Ma emergono le contraddizioni del decreto.

Perchè «allentamento» delle prescrizioni non vuol dire, come da più parti ricordato, «liberi tutti». Le immagini di Mondello (Palermo) con molti a fare il bagno e a prendere il sole, dopo quelle dell’aperitivo ai Navigli, fanno temere per sabato 9 e domenica 10 maggio, complice anche il caldo, un incontrollato «rompete le righe»: per questo sono stati rimodulati e intensificati i servizi di controllo per evitare assembramenti, fughe al mare o spostamenti verso le seconde case, anche fuori dalla propria regione. Ovunque saranno sorvegliati spiagge, luoghi di abituale ritrovo della movida, i parchi e le direttrici verso il mare, la campagna, la montagna o i laghi.

Massima attenzione anche agli ingressi in città con posti di controllo sulle principali arterie. Prevista una rimodulazione dei dispositivi di sicurezza in tutta Italia come già avvenuto in occasione della Pasqua e del Primo Maggio. Controlli anche ad eventuali spostamenti per diletto tra una regione e l’altra, ancora vietati.

Nella Bergamasca i timori di chi teme l’invasione nel weekend riguardano soprattutto la possibilità di avere troppi runner sui lungolaghi o escursionisti sui sentieri più conosciuti delle montagne e valli orobiche, quelli che portano ai rifugi (tutti rigorosamente chiusi) più noti.

Dal Cai di Bergamo fanno sapere che, in effetti, s’inizia a registrare movimento: di persone che chiamano per sapere se e come fare attività in montagna nel weekend ce ne sono parecchie, e non è nemmeno detto siano solo cittadini bergamaschi. Dal punto di vista normativo, sembra che nulla osti a questi spostamenti. Nei chiarimenti forniti dal governo sul suo sito - le cosidette Faq - a seguito del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile, non vengono posti paletti a spostamenti fra comuni e province per quanto riguarda l’attività sportiva, purché si rimanga nei confini della regione.

Quindi, sulla carta, un alpinista bresciano o milanese che vuole salire al Magnolini (chiuso) lo può fare: attenendosi alla lettera alle Faq elaborate dal ministero, il limite territoriale infatti è il superamento dei confini regionali, non provinciali. E per l’attività sportiva motoria non serve nemmeno l’autocertificazione, come confermano dalla prefettura. Al di là degli appigli normativi, però, quel che preoccupa sono i capanelli di escursionisti: appassionati che, pur partendo con lo zaino in spalla da soli, potrebbero trovarsi a decine sui sentieri. Non a caso qualche sindaco è corso ai ripari, come il primo cittadino di Valbondione Romina Riccardi che consente di salire in montagna solo a chi arriva in paese a piedi.

Ma il pericolo è che, oggi e domani, ci siano anche file di cittadini pronti a spostarsi per scorazzare sulle passeggiate a filo d’acqua, sia sul Sebino che sul lago d’Endine: un lusso (si fa per dire) che sulla carta e in punta di diritto ci si potrebbe concedere, visto il guazzabuglio di indicazioni contenute nel decreto governativo. Che se da un lato sostiene che le passeggiate «sono ammesse solo se strettamente necessarie a realizzare uno spostamento giustificato da motivi di lavoro, salute o necessità» , dall’altro autorizza «ogni uscita dal domicilio per l’attività sportiva o motoria all’aperto», alias passeggiata.

Ma un conto è la carta, un conto è la realtà: sindaci e autorità invitano quindi al buon senso, perché i sentieri e i lungolago orobici non diventino i nuovi Navigli.

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