Processo Bossetti, chiesto risarcimento
di 1,4 milioni per papà e sorella di Yara

È stato l’avvocato Enrico Pelillo il primo legale della famiglia Gambirasio a intervenire, venerdì 20 maggio, nell’udienza del processo che vede sul banco degli imputati Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara. Pelillo ha parlato della prova del Dna come di un macigno sull’imputato: «È la sua firma».

Il legale, che rappresenta il padre di Yara, Fulvio Gambirasio, e la sorella della ragazza uccisa, Keba, ha elogiato il lavoro immane degli inquirenti, ha ripercorso le varie tappe delle indagini e ha sottolineato ancora una volta come l’obiettivo della famiglia Gambirasio, «che sta vivendo tuto questo periodo con dolore, riserbo e dignità», è sempre stato quello di «arrivare non a un colpevole, ma al colpevole».

«Dopo la scomparsa di Yara - ha ricordato Pelillo - anche la sua famiglia è stata oggetto di indagine da parte del pm, che ha fatto bene. Fulvio è stato letteralmente massacrato da certa stampa. Quando poi è stato ritrovato il corpo, tre mesi dopo la scomparsa, sono stato contento per la famiglia, perché peggio di un figlio assassinato c’è solo un figlio scomparso».

Il punto chiave per processo per Pelillo è stato l’individuazione del rapporto di parentela tra Giuseppe Guerinoni e «Ignoto 1», l’assassino di Yara secondo l’accusa. E l’avvocato ha parlato anche di come deve essersi sentito Bossetti in quel momento, «probabilmente ha pensato di averla fatta franca» perché non pensava di essere figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Così come il carpentiere presumibilmente ha tirato un sospiro di sollievo «quando anche sua madre venne sottoposta al confronto del dna e non emerse nulla».

Il legale si è riferito al fatto che inizialmente, per un errore nei laboratori, il dna di alcune persone, tra cui quello di Ester Arzuffi, madre di Bossetti, era stato erroneamente confrontato con il campione genetico di Yara e non di «Ignoto 1», la traccia genetica dell’assassino trovata sui leggings della vittima. Per questo il confronto tra il dna della madre di Bossetti e quello di Yara, anziché di «Ignoto 1», non aveva fornito alcuna corrispondenza, poi arrivata solo in seguito, dopo che una perizia dei consulenti della famiglia Gambirasio ha fatto emergere l’errore.

Pelillo ha etichettato la prova del Dna come di una «prova storica, inossidabile, immarcescibile, un macigno per Bossetti, è la sua firma». Sottolineato che la prova principale contro Massimo Bossetti è il Dna, l’avvocato della famiglia Gambirasio, Pelillo, ha elencato le altre prove contro il carpentiere di Mapello, «perché ce ne sono anche altre», ha evidenziato: «Del resto non ho mai visto un’indagine scientifica così inconfutabile». Ha quindi fatto riferimento ai contenuti del computer di Bossetti, alle fibre compatibili con quelle del suo furgone, alle sferette di metallo pure trovate sul corpo di Yara e che «può aver raccolto solo sul furgone dell’imputato».

Pelillo ha parlato anche della gravità dello scambio epistolare intercorso tra l’imputato e la detenuta Gina in riferimento alle lettere in cui Bossetti parla di sue specifiche preferenze sessuali. A queste parole Bossetti, che indossa il maglioncino lilla e mastica gomma, si è lasciato andare a un riso ironico scuotendo più volte la testa in segno di disapprovazione. Ancora presente tra il pubblico la sorella Laura. L’avvocato non è stato tenero con Marita Comi, la moglie di Bossetti, che secondo Pelillo è stata «reticente», mentre l’imputato «è un mentitore seriale», a cui la memoria va e viene secondo la sua convenienza.

Per Pelillo il movente «è chiaro e limpido, di natura sessuale». Quando l’avvocato ha ricostruito come sono andati secondo lui i fatti, Bossetti ha rotto il silenzio dicendo: «Non è vero niente». Quanto al risarcimento danni, Pelillo ha domandato 983.970 euro per papà Fulvio e 427.260 per la sorella Keba per un totale di 1.411.230 euro e comunque una provvisionale di non meno di 300 mila euro per Fulvio e 150 mila per Keba.

Successivamente è stato il turno di Andrea Pezzotta, che rappresenta la madre della vittima, Maura Panarese.

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