Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 11 Marzo 2020
Papa Giovanni, 400 i ricoverati
Viaggio in prima linea: dai «caschetti» all’Ecmo
Luca Lorini: «60 posti dedicati in terapia intensiva. Aiuti? Si deve restare a casa». A Seriate protocollo allo studio della Società di radiologia
Posti e letti per reparti coronavirus ricavati nel giro di poche ore, giorno per giorno, seguendo l’ andamento dei contagi, nuove attrezzature acquistate in tempi record: gli ospedali bergamaschi sono in trincea nella guerra contro il virus.
«Sì, è proprio una guerra. Ora la gente deve aiutarci: e l’ unico modo possibile è quello di stare a casa. Sul resto, i bergamaschi devono essere certi, finché reggiamo, e reggeremo quanto più la gente starà a casa, tutti verranno curati. Al massimo delle nostre possibilità». Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza, urgenza e area critica dell’ ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ci tiene a rimarcare che nessun malato verrà trascurato. «A Bergamo, al Papa Giovanni, dove abbiamo una delle terapie intensive più avanzate d’ Europa siamo passati da 72 posti letto totali di terapia intensiva a 88, di questi 60 sono tutti per i malati Covid-19 e sono praticamente pieni. E per questi malati ci sono anche 12 posti di subintensiva. Possiamo ricavarne altri, ogni giorno pensiamo a spazi nuovi. Oltre ai posti per i ricoveri di persone che non hanno necessità di essere aiutate a respirare. Abbiamo fatto tutto questo in pochi giorni, mentre i numeri degli ingressi crescono. Abbiamo 400 malati Covid-19, e solo ieri al pronto soccorso c’ erano 72 persone quasi tutte da ricoverare, di queste almeno 7-8 in terapia intensiva. Tra chi arriva in pronto soccorso, qualcuno certo può stare a casa, monitorato.
Ma l’ aumento dei casi di polmonite interstiziale in fase già avanzata c’ è, non si può negare». Come si curano queste persone? E bastano, le attrezzature in dotazione al Papa Giovanni?
«Ci siamo mossi già almeno 15 giorni fa ordinando tutto quello che poteva essere necessario.
Le attrezzature e i dispositivi al Papa Giovanni non mancano. Il fatto è che se aumenti il numero dei posti di terapia intensiva devi avere anche un numero adeguato di medici e di infermieri, a fronte degli ammalati che continuano ad arrivare. Noi stiamo facendo l’ impossibile, senza trascurare la qualità delle cure». Cosa si utilizza per chi viene ricoverato? «Gli step sono sostanzialmente tre. Il paziente viene valutato, gli si fa una lastra o una Tac. Nel corso del triage si misura anche la saturazione dell’ ossigeno nel sangue: ci sono pazienti che il cui livello crolla anche dopo 10 passi. Lì scatta il ricovero - continua Lorini -. E per molti, proprio per aiutarli a respirare, si utilizzano i caschetti, i cosiddetti Cpap: servono a far riempire di ossigeno costantemente i polmoni o gli alveoli ristretti, ne abbiamo almeno un centinaio, di questi caschetti. Se il trattamento non è sufficiente, il casco viene potenziato con un ventilatore, che funziona come i tubi dell’ ossigeno dei sub, non è invasivo. E anche di supporti alla ventilazione ne abbiamo a sufficienza. Nei casi più critici, c’ è il ricorso alla terapia intensiva. Il paziente viene intubato, messo prono per 12 ore al giorno perché così si aiuta la respirazione, e nei casi ulteriormente critici si usa l’ Ecmo, la macchina cuore-polmone, attualmente abbiamo due pazienti in Ecmo, uno è piuttosto giovane.
Si sappia: la polmonite interstiziale, che non è causata solo dal coronavirus, è nota da almeno 30 anni, sappiamo come curarla: il problema sta nel fatto che un conto è avere uno-due casi critici, un conto è averne 40 tutti insieme. Ma ce la faremo: riusciremo a far crescere il numero dei dimessi dalla terapia intensiva rispetto a quelli che vengono ricoverati». Intanto, l’ Asst Bergamo Est, con gli ospedali anche qui stracolmi di ammalati, punta a un nuovo triage clinico-radiologico: ieri, all’ ospedale «Bolognini» è arrivata una Tac portatile donata dall’ Accademia per lo sport per la solidarietà. «Questa Tac è fondamentale per il nostro protocollo di diagnosi - spiega Gianluigi Patelli, direttore del servizio di Radiologia - . Con un approccio multispecialistico, stiamo utilizzando sin dall’ inizio dell’ epidemia questo metodo diagnostico per avere un quadro clinico il più tempestivo possibile. La Tac permette in pochi minuti di avere una certezza di polmonite da coronavirus ben più alta del tampone, i cui risultati peraltro ora arrivano dopo giorni . E ci permette di aggredire immediatamente la malattia con le terapie più adatte. La nostra tecnica diagnostica è allo studio anche della Società italiana di radiologia medica e interventistica».
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