Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 09 Ottobre 2017
Dopo l’incidente, nuova vita per Paolo
Intervento «unico» al Papa Giovanni
Il 21 enne bergamasco era in fin di vita per un masso che lo aveva colpito in testa durante una passeggiata in montagna. È stato salvato dai medici dell’ospedale cittadino grazie a una tecnica che andava contro tutti i manuali.
Di quella domenica pomeriggio ricorda solo di essersi messo in cammino con gli amici alla volta del Rifugio Coca, a Valbondione, 1.892 metri sul livello del mare, una passeggiata di circa tre ore. Di essersi fermato per uno spuntino, per riprendere poco dopo la marcia. Poi il buio. Il resto a Paolo Caldara, 21 anni, di Grumello del Monte, è stato raccontato dai compagni di gita, dai genitori e dai medici che gli hanno salvato la vita. E lo hanno fatto sovvertendo le regole: tenendolo per dodici giorni attaccato all’Ecmo (una macchina che si sostituisce a cuore e polmoni nell’ossigenazione del sangue) senza utilizzare – come di solito si fa – gli anticoagulanti. Se non avessero fatto così, il ragazzo sarebbe morto dissanguato in meno di mezzora. Perché Paolo Caldara, quella domenica 3 settembre, era arrivato al pronto soccorso del Papa Giovanni XXIII con gravissime lesioni toraciche.
«Sapevamo di non avere molta scelta – racconta Luca Lorini, direttore dell’Unità di Anestesia e Rianimazione –. Dovevamo usare l’Ecmo, una macchina dotata di cannule che, entrando dal collo, raggiungono il cuore per portare il sangue all’ossigenatore. Un ossigenatore che per funzionare deve ricevere sangue fluidificato. Per questa ragione è necessaria la somministrazione continua di eparina. Ma l’anticoagulante avrebbe ucciso il paziente». In venti minuti Paolo avrebbe perso tutti e cinque i litri di sangue che gli restavano in corpo: «Dovevamo decidere se comunicare ai genitori che non restava più nulla da fare o procedere con l’eparina, che secondo la conoscenza medica avrebbe causato la morte al 99,9%. Oppure fare tutto il contrario di quello che dice la medicina».
Il rischio? «Non sapevamo se la macchina avrebbe continuato a ossigenare il sangue. Il filtro, senza anticoagulanti, avrebbe potuto bloccarsi». E invece, l’Ecmo ha fatto il suo dovere: «Il sanguinamento è continuato tutta la notte, non più a un litro e mezzo all’ora, ma a 800 millilitri, poi 500. Fino a che, quattro giorno dopo, ha smesso di sanguinare».
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