Operazione anti bracconaggio tra Bergamo, Brescia e Mantova: 139 denunciati

Operazione «Pettirosso 2021» tra Brescia, Bergamo e Mantova: denunciati 139 bracconieri, sequestrati dispositivi illegali di cattura, fucili e 3.336 esemplari di avifauna catturati e abbattuti illegalmente, ma salvate decine di migliaia di esemplari.

Si è da poco conclusa l’operazione antibracconaggio dei Carabinieri Forestali denominata «Pettirosso» , coordinata dal Reparto Operativo - SOARDA (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali) del Raggruppamento Carabinieri CITES in sinergia con i Gruppi Carabinieri Forestali di Brescia, Bergamo e Mantova e l’apporto di un’unità cinofila addestrata alla ricerca di armi, munizioni, strumenti di cattura, richiami acustici, fauna selvatica.

Le Prealpi lombardo-venete, per la propria posizione geografica, sono uno snodo fondamentale lungo le rotte migratorie dei piccoli passeriformi , che si spostano dalle aree di nidificazione dell’Europa settentrionale verso quelle di «svernamento» del bacino del Mediterraneo e del continente africano, costituendo una ricchezza inestimabile in termini di biodiversità. Una concentrazione imponente di uccelli che stremati dalle lunghe distanze percorse sono particolarmente vulnerabili, in particolare sui valichi montani che costituiscono un “collo di bottiglia” per la migrazione, diventando oggetto di intenso bracconaggio, con gravi ripercussioni sui sistemi ecologici. Si tratta di specie protette e particolarmente protette dalle leggi nazionali e da convenzioni internazionali poiché fortemente minacciate.

A difesa del flusso migratorio, pattuglie dei Carabinieri forestali hanno effettuato un capillare controllo del territorio bresciano, bergamasco e mantovano. L’attività operativa svolta ha portato alla denuncia di 139 persone (due delle quali nella Bergamasca) per reati perpetrati contro l’avifauna selvatica, n. 1 arresto per detenzione di arma clandestina e al sequestro di 3336 uccelli, di cui 884 esemplari vivi e 2452 esemplari morti, tra cui numerose specie non cacciabili e specie particolarmente protette, tutti catturati o abbattuti in modo illecito. Sono stati, inoltre, sequestrati 673 dispositivi di cattura illegale, 99 fucili e 5294 munizioni. La maggior parte dei sequestri sono stati eseguiti nella provincia di Brescia all’esito anche dei numerosi controlli venatori posti in essere dalle Stazioni del locale Gruppo Carabinieri Forestale. I reati principali che sono stati ipotizzati sono: furto aggravato di fauna selvatica in quanto bene indisponibile dello Stato, ricettazione, contraffazione di pubblici sigilli, uso abusivo di sigilli destinati a pubblica autenticazione, maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati, porto abusivo di armi. Tra gli strumenti illegali utilizzati dai bracconieri, richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti da uccellagione, le gabbie-trappola o, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di imprimere gravi sofferenze alla fauna lasciata viva e agonizzante per ore.

Nel corso dei servizi sono stati effettuati diversi interventi. In particolare in provincia di Mantova, sono stati sorpresi padre e figlio che esercitavano attività venatoria con l’utilizzo di richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, abbattendo esemplari di avifauna particolarmente protetta. Nell’abitazione venivano rinvenuti oltre 500 esemplari di avifauna congelati e spiumati, afferibili a specie particolarmente protette, allodole vive con anello identificativo contraffatto e 2380 munizioni. In provincia di Brescia è stato effettuato un arresto per detenzione di arma clandestina, costruita artigianalmente e rinvenuta dall’unità cinofila «Africa»; venivano sequestrati 800 cartucce, il materiale necessario ad assemblare armi clandestine e decine di esemplari di avifauna abbattuta illegalmente.

Numerosi i controlli nei ristoranti , in due dei quali sono stati rinvenuti oltre 300 esemplari di avifauna, alcuni in cottura ed altri spiumati e congelati, privi dei requisiti idonei a stabilirne la rintracciabilità. In queste zone l’avifauna viene utilizzata in alcuni piatti tipici come la «polenta e osei» e lo «spiedo». Durante un controllo eseguito dai Carabinieri del Nas in una macelleria venivano rinvenuti esemplari di avifauna utilizzati come richiami vivi; le verifiche dei Carabinieri Forestali hanno permesso anche di trovare oltre 50 uccelli con anelli identificativi contraffatti e l’uso abusivo di pubblici sigilli. In provincia di Bergamo un uomo deteneva all’interno di un’uccelleria 25 esemplari di avifauna particolarmente protetta e 216 esemplari di avifauna cacciabile con alla zampa apposti anelli identificativi contraffatti. Complessivamente, in provincia di Bergamo sono 2 le persone denunciate, 406 gli animali sequestrati, di cui 165 morti e 241 vivi. Sequestrati anche 85 archetti e 3 gabbie trappola. Oltre agli anelli apposti agli esemplari vivi, sono stati sequestrati anche 5 anelli amovibili.

Circa l’80% degli esemplari vivi sequestrati presentavano anelli visibilmente manomessi: limati, svasati e deformati nella sezione e addirittura sfilabili. Il dato mette in luce un’immissione sul mercato di esemplari catturati in natura e inanellati abusivamente prima di essere venduti o utilizzati come «richiami vivi». In proposito i Carabinieri evidenziano che ogni esemplare di uccello per essere detenuto deve essere provvisto di un anello cilindrico inamovibile in metallo.

I controlli hanno evidenziato «come le Prealpi lombardo-venete continuino ad essere un’area fortemente interessata dal fenomeno del bracconaggio – si legge in una nota dell’Arma –, confermandos i il più impegnativo tra i black-spot individuati dal “Piano d’Azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici” , nonostante il virtuosismo di numerosi cacciatori rispettosi delle normative vigenti».

I Carabinieri Forestali hanno operato con il fattivo contributo dei volontari del CABS, LIPU, Legambiente, WWF, LAC, NOGEZ e Fare Ambiente, dei cittadini e dei cacciatori.

Gli esemplari sequestrati sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici (CRAS ) «Il Pettirosso» di Modena e l’«Oasi WWF Valpredina» di Bergamo per il successivo rilascio in natura non appena le condizioni fisiologiche degli stessi lo consentiranno.

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