Nuova autocertificazione dal 4 maggio
Servirà per gli spostamenti tra le regioni

Non sarà necessaria per spostarsi tra un comune e l’altro nella stessa regione. Gli spostamenti resteranno, esattamente come adesso, consentiti solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute.

La situazione epidemiologica «è nettamente migliorata» dicono gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e i dati confermano: in più della metà delle regioni italiane i malati di coronavirus diminuiscono. Un trend che a livello nazionale si conferma ormai da cinque giorni e che va consolidandosi, anche se restano due macchie: l’incremento dei morti, anche nella giornata di venerdì 24 aprile sopra i 400, e il nuovo aumento dei positivi in Lombardia e Piemonte, le due regioni attualmente più in difficoltà dove il virus continua a muoversi in controtendenza rispetto al resto del paese.

Sono questi ultimi due aspetti che spingono gli scienziati a ribadire per l’ennesima volta un concetto ormai chiaro a tutti gli italiani e cioè che la fase di riapertura deve essere gestita con la massima prudenza. Quando il 4 maggio la maggior parte delle attività produttive cominceranno a ripartire e le persone torneranno a poter uscire di casa, bisognerà dunque essere rigorosi nel rispetto del distanziamento sociale e nel divieto d’assembramento e, soprattutto, sarà necessario esser pronti ad individuare eventuali nuovi focolai, per isolarli con la creazione di «zone rosse» locali, in modo da contenere il virus e non far risalire la curva del contagio. In ogni caso il 4 maggio non sarà, come hanno ripetuto sia il premier Giuseppe Conte sia gli scienziati, un «liberi tutti». Dovrebbe non essere più necessaria l’autocertificazione per spostarsi all’interno del proprio comune e della stessa Regione, almeno questa è l’ipotesi sul tavolo del governo, ma il modulo dovrà invece sempre essere portato in caso di spostamenti tra diverse regioni. Che resteranno, esattamente come adesso, consentiti solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute. Niente possibilità di esodi di massa, dunque, soprattutto dal nord verso il sud.

I dati confermano comunque che il trend è in discesa, con il numero dei guariti che ha superato la soglia dei 60mila e con un incremento rispetto a ieri di 2.992: non è il record in 24 ore ma è il secondo miglior incremento dall’inizio dell’emergenza. I malati sono complessivamente 106.527, il che significa 321 meno di ieri. Ma, dato ancora più importante, è che 11 regioni - Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Liguria Campania, Puglia, Abruzzo, Umbria, Sardegna, Calabria e Valle d’Aosta - e le province autonome di Trento e Bolzano, hanno il segno meno davanti agli attualmente positivi. A queste vanno aggiunte la Basilicata, in cui non si registrano nuovi casi, e il Molise, che ne ha solo 2. L’altro dato fondamentale è quello che riguarda la pressione sulle strutture sanitarie e anche in questo caso i numeri sono buoni: nelle terapie intensive sono ricoverati 2.173 pazienti, 94 in meno di ieri - e soprattutto quasi 1.900 in meno rispetto a venti giorni fa, quando erano 4.068 - mentre negli altri reparti ospedalieri il numero è sceso a 22.068, con un calo di 803 ricoverati rispetto a giovedì.

Qui finiscono i numeri positivi. La Lombardia, con 495 malati in più, e il Piemonte, con 239, continuano a preoccupare. E’ vero che nella regione più martoriata scendono sia le terapie intensive sia i ricoveri negli altri reparti, ma è anche vero che aumentano i contagi nella città metropolitana di Milano dove si registrano in totale 17.689 positivi con un aumento di 412 nuovi casi, di cui 246 nella sola Milano città. Le due regioni hanno inoltre più della metà delle vittime nelle ultime 24 ore: su 420 in tutta Italia, 166 sono in Lombardia e 69 in Piemonte.

Motivi in più, dunque, per arrivare alla fase 2 con prudenza. Gli esperti ripetono che l’elemento fondamentale da tener presente è l’«R con zero», l’indice di contagiosità del virus: ad oggi è tra lo 0,2 e lo 0,7 - a seconda delle regioni - e si deve fare di tutto per evitare che torni sopra l’1. «Questo è il prossimo scenario da tenere in conto - dice il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro - se dovesse invece risalire sopra l’1 ci sarebbe una ricrescita della curva, con nuovi grandi numeri per le terapie intensive e decessi». Dunque bisogna continuare con la cautela e sperare che quel numero insopportabile di morti cominci finalmente a scendere in maniera consistente, fino ad arrivare a zero.

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