«Nessuna ricerca online illecita»
Una teste: non c’era il furgone in palestra

Non ha visto l’hard-disk dei due computer di casa di Massimo Bossetti ma dalla documentazione che ha analizzato, e che è negli atti del processo, l’informatico forense Giovanni Bassetti parla di nessuna ricerca illecita fatta dal muratore di Mapello.

«Nei due pc si rivelano semplici ricerche pornigrafiche, ma non pedopornografiche - ha detto il etste chiamato dalla difesa di Massimo Bossetti -. Non ci sono illeciti, nè chat o ricerche intenzionali a materiali pedo-pronografici: non c’è nessuna evidenza di ricerche che denotino un interesse particolare» nei confronti delle ragazzine. E chiarisce: «La parola “13enne” non è riconducibile all’utente: alcuni banner conservano le query e rimandano a termini non per forza cercate dall’utenza».

Bassetti sottolinea: «Tutti i siti che sono stati navigati da Bossetti aderiscono a un programma contro la pedo-pornografia». Con una aggiunta. «Le ricerche in questione e vagliate dall’accusa sono in tutto tre e risalgono a un lasso di tempo moltoe steso: dal 2002 al 2014».

Giovanni Bassetti lo ha spiegato davanti alla Corte d’assise di Bergamo, di fronte alla quale è in corso il dibattimento, ma, rispondendo alla domande del pm, ha detto che effettivamente quella del 29 maggio 2014, riguardanti ragazze e a sfondo sessuale è stata effettivamente una ricerca anche se non è possibile attribuirla al muratore. L’analisi dei computer trovati a casa di Bossetti che avevano evidenziato ricerche riguardanti tredicenni era stata svolta dal Racis dei Carabinieri e dai consulenti della procura e l’esperto della difesa ha inteso ora «contestualizzarli», partendo dal riconoscimento della corretta metodologia usata dagli investigatori.

Ad ascoltare l’informatico c’è come sempre in aula Massimo Bossetti, maglione blu e jeans. Non è presente la moglie Marita Comi, ma c’è la sorella gemella. L’udienza, la numero 35 di questo processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, è iniziata in orario. Esaurita la lista testi di accusa e parte civile, prosegue la carrellata di testimoni a difesa.

Gli avvocati difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno citato per l’udienza di mercoledì 30 marzo una quindicina di persone, fra cui appunto Giovanni Bassetti che ha tentato di smontare le tesi dell’accusa riguardo alle ricerche hard scoperte nelle memorie dei computer di casa Bossetti, in particolare quelle ritenute più compromettenti dal pm Letizia Ruggeri perché indirizzate verso ragazzine.

Dopo Bassetti è intervenuta Sabrina Rigamonti di Mapello: il 26 novembre 2010 era in palestra, per un corso di fitness: «Non c’era nulla di strano, neanche nel parcheggio. Non c’erano furgoni» ha dichiarato la donna.

La difesa del muratore ha prodotto nei giorni scorsi una nuova lista testimoni ampiamente sfrondata rispetto a quella depositata all’inizio del processo: da 711 a 160 nomi circa, che i legali del muratore di Mapello ritengono però «irrinunciabili». La Corte potrebbe decidere di ammetterli tutti oppure solo una parte, in base al criterio della rilevanza e in base all’attività istruttoria sin qui condotta, ma potrebbe anche ovviare, in alcun casi, con l’acquisizione dei verbali di sommarie informazioni testimoniali contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, in caso non vi fossero obiezioni da parte di pubblica accusa e parte civile (buona parte dei testi a difesa è infatti già stata sentita dagli inquirenti nel corso delle indagini).

Nell’elenco finale dei testimoni che la difesa vorrebbe portare in aula per cercare di smontare gli elementi a carico dell’imputato figurano diverse categorie di persone. Ci sono frequentatori del centro sportivo di Brembate Sopra, che quella sera si trovavano lì in orario compatibile alla scomparsa. Ci sono residenti di Brembate Sopra che gravitavano nell’isolato palestra - casa di Yara, che non hanno visto l’imputato né la vittima (una delle tesi alternative avanzate sin dalle prime battute del processo dalla difesa è che Yara non sia uscita dalla palestra per andare incontro al suo assassino, ma che le sia accaduto qualcosa all’interno di quelle mura).

Ci sono poi le presunte piste alternative: i legali intendono citare nelle prossime udienze, ad esempio, anche una ragazza che aveva denunciato di essere stata seguita da un autocarro a Brembate Sopra nei giorni precedenti alla scomparsa di Yara, una fisioterapista che disse di essere stata importunata quello stesso 26 novembre 2010, ma anche alcuni ragazzi che frequentavano un punto d’incontro chiamato «Gazebo» nei pressi del centro sportivo.

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