Montagna: molti vorrebbero abitarci, ma servono risorse adeguate e nuove regole

Inchiesta Terre alte. L’Eco di Bergamo il 5 settembre propone un nuovo appuntamento sui temi d’alta quota. Protagonisti Dario Furlanetto, esperto di gestione di risorse naturali, e Yvan Caccia, presidente del Parco delle Orobie.

I nuovi montanari? Abitano in città. Il tema è al centro della nuova puntata di Terre Alte, lo spazio dedicato alla Montagna pubblicato sull’edizione di lunedì dell’Eco di Bergamo. Il 5 settembre si affronta la questione dell’attrattività delle valli e delle prospettive del vivere in montagna con due esperti: Dario Furlanetto e Yvan Caccia.

Una nuova dimensione di vita

Dario Furlanetto, biologo, docente di materie scientifiche, esperto in tutela e gestione delle risorse naturali, direttore per 24 anni del Parco del Ticino e per otto anni del Parco dell’Adamello. Nato e cresciuto in Svizzera da papà friulano e mamma di Endine Gaiano, ora si è stabilito in Val Cavallina da dove si mette spesso in viaggio per frequentare, da visitatore o da studioso, l’intera regione alpina. Per Furlanetto sono molte le persone che vorrebbero lasciare le città per stabilirsi in montagna e trovare una nuova dimensione lavorativa e personale: «Ma per riuscirci bisogna avere il coraggio e l’audacia di rovesciare i tavoli su cui si è ragionato fino ad oggi, in modo da sognare e progettare un futuro nuovo; un istante dopo, mettersi al lavoro e dedicare a tali idee tutte le proprie energie».

Le risorse e i servizi

Yvan Caccia è presidente del Parco delle Orobie e amministratore locale, conosce il territorio e i suoi problemi, rappresentati soprattutto dalla carenza di servizi e da una gestione delle risorse che incontra molti ostacoli. Caccia però avverte anche una nuova attenzione sui territori montani, che si è accentuata dopo la pandemia: «La montagna è diventata sempre più attrattiva, occorre promuoverla sia ai turisti, sia per chi già ora ci vive e potrà restarci. Ma servono meno paletti, più buon senso».

Leggi le due pagine dedicate all’inchiesta sulla copia digitale de L'Eco di Bergamo

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