Papa Giovanni, Lorini: momento delicato
«Restino le limitazioni, stiamo in guardia»

Il direttore dell’Area critica dell’Asst Papa Giovanni Luca Lorini: «Vedremo gli effetti delle feste. C’è preoccupazione, dobbiamo stare molto in guardia. Stanno circolando varianti del virus che sono molto più contagiose».

«La curva non scende. Abbiamo nuovi ricoveri ogni giorni, e altrettante guarigioni, ma non vediamo un calo dei contagi. Attualmente nel nostro ospedale, al Papa Giovanni, i ricoverati in Terapia intensiva sono 29, un numero che ci consente di lavorare senza particolari pressioni, anche grazie al fatto che alcuni malati sono ospitati alla Fiera, che ci libera dalle pressioni sul reparto, ma non dobbiamo nascondere che la preoccupazione c’è. Nulla e nessuno ci può garantire che la situazione non possa aggravarsi nel giro di poco tempo». Luca Lorini, direttore dell’Emergenza e urgenza e dell’Area critica dell’Asst Papa Giovanni non ama usare giri di parole: il momento, in questa seconda ondata «che non accenna affatto a spegnersi», è particolarmente delicato.

Per diversi motivi: la presenza di diverse varianti del virus che risultano più contagiose e l’avvio, in contemporanea, di una campagna vaccinale che sarebbe stato meglio fosse stata accompagnata da un calo dei contagi. Oltretutto, aggiunge Lorini «ora in questi giorni arriveranno gli effetti del periodo di feste natalizie. Pur sapendo che qui in Bergamasca siamo in una situazione più tranquilla, per una sorta di immunizzazione perché il virus ha circolato molto ma anche per una immunizzazione psicologica, cioè ci siamo spaventati più di altri, e quindi stiamo più attenti, non possiamo non immaginare che i contraccolpi del periodo di feste non si vedano anche qui».

Già in altre aree d’Italia ci sono situazioni che fanno preoccupare, ma altrove, nel nostro continente, ci sono condizioni di pesantissimo allarme. «Ho appena finito una call con alcuni colleghi di ospedali londinesi – specifica Lorini – . Nei pronto soccorso hanno situazioni spaventose. Dobbiamo stare molto in guardia. Stanno circolando varianti del virus che sono molto più contagiose: sappiamo che alcuni casi sono stati isolati in Italia e anche se nella Bergamasca per il momento non abbiamo riscontri, non c’è alcun motivo per poter pensare che non ci saranno, più prima che poi. Anzi, è nella natura delle cose, c’è da aspettarselo. Parlare di varianti più contagiose significa rifarsi alla carica virale, ovvero alla velocità più o meno rapida che ha il virus di replicarsi. E il virus circola ovunque».

Ora però, contro il Sars-Cov2 c’è il vaccino, e le somministrazioni si fanno quotidianamente. «Il problema che ci si deve porre è quello della disponibilità dei vaccini e delle consegne rapide, efficaci e soprattutto sufficienti al fabbisogno – continua Lorini –. La campagna deve andare avanti spedita, ma non pensiamo però che siano sufficienti le immunizzazioni fatte finora per poterci sentire al sicuro. Dovremo arrivare ad almeno 40 milioni di italiani protetti dal virus per poter pensare di essere in una fase risolutiva. E sono numeri ancora lontanissimi, ci vogliono mesi. Aprirei peraltro una riflessione importante: se oltre il 90% dei malati infettati è sopra i 60 anni, forse sarebbe opportuno pensare di dare una priorità nella campagna vaccinale proprio a questa popolazione. È su questa fascia d’età che il virus colpisce pesantemente».

E, aggiunge Lorini, sia nella prima che nella seconda ondata, anche con le nuove varianti più contagiose, la malattia è sempre la stessa: «Lo vediamo tutti i giorni, la fascia più a rischio è quella degli over 65, lo abbiamo studiato sulle migliaia e migliaia di malati passati dalle Terapie intensive. E lo scenario non è cambiato ora: i n Lombardia oggi i malati in Terapia intensiva sono oltre 450, non sono pochi. Ripeto, a Bergamo la situazione è più sotto controllo che altrove, ma non dobbiamo sentirci al sicuro. Capisco che la fatica sia tanta per tutti, ma credo che si dovrebbe resistere ancora un po’ prima di allentare le restrizioni. Tutti vorremmo andare al ristorante, tornare a fare weekend in montagna o al mare, viaggiare, andare in palestra o a teatro, ma non è il momento: proprio perché ora abbiamo un’arma in più, quella del vaccino, dobbiamo stringere i denti. Io credo che se restassimo così, osservando le protezioni individuali, ma conservando ancora le limitazioni agli spostamenti, agli incontri, almeno per cinque, sei settimane, otterremmo il calo dei contagi. E con l’avanzare del numero dei vaccinati arriveremmo alle soglie della primavera più sicuri. E più vicini alla fine dell’incubo. So che questo sarebbe un problema per l’economia, chi ha subito dei danni va sostenuto, ma non è un mese in più che cambia le difficoltà esistenti. Però può cambiare la salute di tutti».

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