Cronaca / Bergamo Città
Domenica 05 Marzo 2017
Leo, una vita sofferta ma dal suo cuore
è sgorgato un fiume di solidarietà
A 10 anni è morto per una malattia rara. I genitori: «Sempre sereno, ha seminato speranza».
«Sono felice anche se sono diverso. Non è un problema, anche se mi dà fastidio. Alle persone come me dico: non smettete di combattere. Il mio nome è Leonardo Morghen e spero che tutti voi ce la farete». Leonardo, 10 anni, tiene l’ipad sulle ginocchia e registra un video, lo sguardo puntato sull’obiettivo della telecamera. È sul sedile posteriore dell’auto, sta andando al cinema con i suoi genitori. Solleva la felpa e mostra il sondino gastrico, il profilo del suo pacemaker sotto la pelle, le cicatrici dei tanti interventi subiti. Non lo fa per attirare commenti compassionevoli. Vuole dare forza al suo messaggio: la vita è così bella, bisogna viverla fino in fondo, non importa se è difficile. Ci vuole coraggio.
Le immagini scorrono veloci, un minuto e mezzo in tutto, ma le parole sono colpi di scalpello, un concentrato d’energia purissima. Non si dimenticano più. In sottofondo si sente il papà Michele che gli chiede «Leo, cosa fai?». Quel video ora si può vedere su Youtube: «Non è stato facile renderlo pubblico - spiegano i genitori, Michele e Susanna - ma l’abbiamo fatto perché pensiamo che possa aiutare molte persone». È stato girato nel dicembre del 2014. Solo due mesi dopo, il 17 febbraio 2015, quel piccolo, indomito guerriero ha dovuto arrendersi a una malattia con cui combatteva dalla nascita, così rara che Carlo Di Lorenzo, il medico americano che si è preso cura di lui negli ultimi anni, l’aveva ribattezzata con il suo nome, «Leonardo’s disease».
La sua gioia, la sua generosità, la sua tenacia, però, sono così potenti che continuano a toccare moltissime persone e le trasformano in modi inaspettati. È una specie di inesauribile magia a cui è difficile restare indifferenti. E i primi sono stati i suoi genitori, e Davide, suo fratello adottivo, che ora ha 16 anni. «Leo aveva una vita difficilissima - racconta Michele -, non poteva mangiare normalmente perché il suo corpo reagiva al cibo come se fosse veleno, eppure affrontava sempre le difficoltà con un sorriso. Era impossibile stargli vicino e sentirsi tristi, qualsiasi ostacolo spariva di fronte a quelli che affrontava lui».
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