Cronaca / Bergamo Città
Martedì 25 Ottobre 2016
La faccia cupa
dell’America anni ’60
Mafia III non è il titolone che molti fan attendevano, complice uno sviluppo della campagna lineare e ripetitivo, che si avvita pericolosamente su se stesso. A fare da contraltare ad un gameplay monocorde e stracolmo di missioni fotocopia ci pensa un’atmosfera anni ’60 affascinante e ben tratteggiata.
Alla stregua del cinema, anche l’industria dei videogiochi affronta da anni con cura e attenzione tematiche politiche e sociali molto delicate: povertà, ecologia, razzismo, criminalità e tanto altro. Circa quindici anni fa sotto la lente d’ingrandimento del gaming ci finì nientepopodimeno che la mafia, grazie ad un videogioco intitolato “Mafia” il cui grande successo di critica e pubblicò portò allo sviluppo di un sequel nel 2010 e un terzo attesissimo capitolo da poco arrivato sugli scaffali dei negozi, e che andremo ora ad analizzare.
In Mafia III il giocatore veste i panni di Lincoln Clay, giovane afroamericano tornato a New Bordeaux (città fittizia ispirata a New Orleans) dopo aver affrontato gli orrori della guerra del Vietnam. Un personaggio che rompe con la tradizione in quanto poco mafioso nello stile, ma comunque ben caratterizzato e capace di offrire un punto di vista alternativo sul crimine organizzato americano. Non vogliamo svelarvi nulla sulla trama in quanto rischieremmo di rovinarvi un importante colpo di scena iniziale. Vi possiamo solo dire che, dopo aver aiutato una importante famiglia mafiosa a rapinare il caveau di una banca, il giovane di colore si ritrova ad affrontare una personale vendetta in stile “Kill Bill” che si traduce – parallelamente e scientemente – in una scalata nelle gerarchie della malavita di New Bordeaux. Lincoln Clay, infatti, non vuole semplicemente regolare i conti con qualcuno (che non vi diremo), ma prendere il controllo di tutti i traffici illeciti della città. Diventarne il boss.
Come da tradizione della serie, la narrazione è uno dei focus dell’esperienza targata Mafia. In questo terzo capitolo la sceneggiatura viene spesso declinata da alcune interviste ai comprimari di Lincoln in stile documentaristico che affrontano diverse tematiche, in primis la guerra del Vietnam ma anche dinamiche sociali del periodo come la discriminazione razziale. Una scelta che penalizza lo spettacolo ma riesce a donare una maggior credibilità al contesto storico e narrativo. Se la trama risulta ben scritta ma piuttosto scontata, in Mafia III ad averci colpito sono i personaggi e ancora di più l’atmosfera: ogni angolo di New Bordeaux sprizza anni ’60 da ogni poro virtuale, dalle automobili ai palazzi, passando per le canzoni e i dialoghi, che siano semplici battute fra passanti o le conversazioni fra personaggi principali. Ogni singolo pezzo contribuisce a creare un puzzle videoludico vibrante ed emozionale, che restituisce una pagina cupa della storia statunitense, una pagina troppo spesso dimenticata ma che merita di essere raccontata.
Come abbiamo già detto, Lincoln Clay vuole prendersi il controllo di tutta la città scalando le gerarchie dei capimafia. Una volontà che si riflette ovviamente sul gameplay. In pieno stile GTA, il giocatore può muoversi all’interno della generosa mappa di New Bordeaux in lungo e in largo, a piedi, su auto rubate o scappando dalla polizia, ma il tutto con un unico obiettivo in testa: conquistare New Bordeaux, distretto per distretto. Ogni distretto della città è però controllato da un luogotenente, ben nascosto in qualche sporco e dimenticato meandro urbano. Per portarlo allo scoperto è necessario ridurre a zero il giro d’affari dei suoi racket, ottenendo dapprima informazioni dai tirapiedi e poi distruggendo letteralmente il business, colpendo i depositi ed eliminando collaboratori e responsabili. Annullati gli introiti del traffico è possibile affidarlo ad un affiliato (figura che spiegheremo più avanti). Preso possesso di tutti i racket dell’area è infine possibile eliminare il luogotenente – che nel frattempo sarà uscito allo scoperto – e affidare il distretto ad un affiliato. E via così, praticamente per quasi tutta la campagna.
Ma chi sono questi affiliati? Si tratta di tre compagni boss mafiosi che affiancano Lincoln nell’impresa di conquista della New Bordeaux. Tra questi c’è anche una vecchia conoscenza: Vito Scaletta, protagonista di Mafia II. Ogni volta che si prende il controllo di un racket o si occupa un distretto il giocatore può scegliere a quale dei tre compari affidarlo. In cambio del distretto/racket l’affiliato cede una parte dei ricavi, equipaggiamenti e migliorie per le armi, ma soprattutto nuove possibilità di gioco, ad esempio, l’interruzione delle linee telefoniche per evitare che vengano chiamati polizia o rinforzi nemici; consegna di auto ed equipaggiamento ovunque ci si trovi, invio di scagnozzi armati e tanto altro. Soluzioni che non hanno la forza per stravolgere la grammatica del genere free roaming, ma se ben sfruttate possono diversificare gli approcci bellici del buon Lincoln e rendere meno noiose le missioni.
Infatti, sebbene i racket presenti in Mafia III siano molteplici (prostituzione, contrabbando, eroina, pizzo ecc) le missioni relative all’azzeramento sono quasi sempre le stesse, standardizzate, così come il modus operandi per stanare il luogotenente di turno ed eliminarlo. Inizialmente originale e curiosa, la conquista di racket e distretti diventa a lungo andare sistematica e lineare. Le poche missioni principali veramente ispirate sono precedute da ore e ore di tempo dedicato alla conquista dei distretti. Si ha come l’impressione che la campagna sia stata in qualche modo diluita, convertendo componenti tipicamente secondari per un free roaming (come la totale conquista di racket e distretti) nella campagna principale.
A spezzare la ripetitività ci pensano le missioni secondarie legate all’incremento economico dei racket, ma anche in questo caso le attività proposte non eccellono in quanto ad originalità e diversificazione. A differenza di Mafia II questo terzo capitolo offre un free roaming più funzionale, ma la sensazione rimane quella di essere presi per mano e accompagnati da una missione all’altra. Ad acuire questa impressione è il fatto che, eccezion fatta per le side quest dei racket, non c’è nessun altra attività collaterale o accessoria da svolgere, anche solo fine a sé stessa o utile ad arricchire e “colorire” l’esperienza generale (negozi, bar, garage e altri posti con cui poter interagire, ad esempio).
Le schermaglie possono essere affrontate in due modi: eliminando tutti all’impazzata oppure agendo in maniera silenziosa. Il combat system è quello ormai super consolidato e collaudato dello sparatutto in terza persona con sistema di coperture dinamiche visto anche in GTA V. Idem per quanto riguarda lo stealth, piuttosto basico e con la possibilità di attirare un nemico alla volta tramite un semplice fischio (che ricorda gli ultimi capitoli di Assassin’s Creed). Qualche piccolo problema, invece, nel sistema di guida, che si è rivelato impreciso e poco convincente durante i vari inseguimenti e pedinamenti. Graficamente parlando Mafia III è un buon titolo, ma nulla di più per via di numerose sbavature che ne inficiano la qualità complessiva. Su PC la situazione è ben peggiore, con il titolo che soffre di un porting realizzato in maniera approssimativa e afflitta da numerosi problemi tecnici.
Mafia III non è il titolone che molti fan attendevano, complice uno sviluppo della campagna lineare e ripetitivo, che si avvita pericolosamente su se stesso. A fare da contraltare ad un gameplay monocorde e stracolmo di missioni fotocopia ci pensa un’atmosfera anni ’60 affascinante e ben tratteggiata.
Mafia III, la faccia cupa dell’America anni ’60
Piattaforma: Xbox One, PlayStation 4 e PC
Genere: action-adventure
Sviluppatore: Hangar 13
Produttore: 2K Games
Distributore: Cidiverte
PEGI: 18
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