«La cultura luce della ripartenza dopo la pandemia»

Capitale della cultura 2023 Il ministro Franceschini e il dossier di Bergamo e Brescia 2023: «È un progetto innovativo».

«La città illuminata sarà la luce che ci sarà dopo la notte» . Quella (lunga) della pandemia e quella (ci si augura brevissima) di un conflitto alle porte d’Europa. Dario Franceschini, ministro della Cultura, definisce «bellissimo il tema della luce e della città illuminata» che Bergamo e Brescia hanno scelto per la Capitale (rigorosamente al singolare) della Cultura 2023 e ricorda il motto di due partigiani romagnoli che hanno fatto la storia dell’Italia contemporanea, Benigno Zaccagnini e Arrigo Boldrini: quel «Sl’è nota us’ farà dè» scritto sul loro giornale clandestino.

Franceschini: «Un progetto innovativo e di ripartenza»

«Se è notte si farà giorno, dunque» spiega il ministro ripensando ai tempi bui della pandemia quando era maturata la decisione della candidatura comune di Bergamo e Brescia «che non è stato solo un gesto di solidarietà, ma la certezza che avreste creato un progetto innovativo e di ripartenza». Mercoledì sbarcato in pompa magna a Milano, nel salotto buono di piazza della Scala, nelle Gallerie d’Italia, con tanto di sindaco Giuseppe Sala in prima fila a fare gli onori di casa

«Una ricchezza per la regione»

« Questo è un progetto che fa ricca la Lombardia e non solo due città che hanno deciso di avvicinare le loro traiettorie » spiega il sindaco Giorgio Gori sottolineando la necessità di fare «entrambe un passo avanti e uno di lato: Bergamo verso est e Brescia verso ovest». Lavorare cioè insieme partendo «da un dossier che è solo un punto d’inizio».

Gori: « Questo è un progetto che fa ricca la Lombardia e non solo due città che hanno deciso di avvicinare le loro traiettorie »

«Abbiamo puntato in alto, intendendo la cultura a 360 gradi come una leva d’emancipazione dei territori» prosegue Gori: «Un passo avanti nella direzione dell’innovazione ma anche uno strumento di coesione e un’occasione per leggere la realtà». Soprattutto quella che sarà.

« Il modo in cui abbiamo reagito alla pandemia ha molto a che fare con la nostra cultura » gli fa eco il collega bresciano Emilio Del Bono. Qualcosa capace di andare al di là del luogo di nascita «e che è stata trasferita anche ai nuovi cittadini, valori come fratellanza e accoglienza». Poi l’affondo: «Siamo gemelli, speculari, la nostra storia è la stessa: crescere insieme è una reale provocazione».

Del Bono. «Il modo in cui abbiamo reagito alla pandemia ha molto a che fare con la nostra cultura»

«Un nuovo Rinascimento»

«Bergamo e Brescia capitale della cultura sono come un nuovo Rinascimento, sono un premio alla Lombardia e un riconoscimento alla forte prova vissuta da queste due città, e dalle loro province, in particolare all’inizio della pandemia» sottolinea nel suo intervento Attilio Fontana, presidente della Regione: «Il 13 dicembre, Santa Lucia, ricorrenza cara a bergamaschi e bresciani, avvieremo un’iniziativa fantastica, unica, importante. La Regione ha stanziato 6 milioni per le opere infrastrutturali e previsto investimenti in deroga alla programmazione annuale e triennale di settore. A queste risorse vanno aggiunti ulteriori 500mila euro che metteremo a disposizione per gli eventi».

E se Fontana parla di Rinascimento, Stefano Baia Curioni, docente alla Bocconi e curatore del dossier, si sofferma su «un umanesimo che custodisce i valori fondamentali che ci devono sostenere in questi momenti difficili, come la cultura». E proteggere «umanesimo e cultura vuol dire agire col cuore ed essere liberi». Perché «cultura e sviluppo si abbracciano profondamente»: tanto più in «un progetto fatto soprattutto dalle due città» per una capitale sola. E soprattutto «non qualsiasi, perché qui si pongono le basi di un’area metropolitana che possa affiancarsi a Milano».

Una sfida che diventa anche «un momento privilegiato per rafforzare la capacità del territorio di fare sistema e investire su un ambito che per il nostro Paese costituisce un asset strategico, a livello economico e sociale» . Favorire «occasioni di cultura condivisa aiuta a costruire un significato che avvicini le persone e le faccia sentire parte di una stessa comunità» spiega Giovanni Fosti, presidente della Fondazione Cariplo.

Con la speranza che si verifichino gli stessi effetti «che Expo ha avuto per Milano» è l’auspicio di Enrico Pazzali, presidente del Comitato organizzatore: «Dopo questi anni difficili l’idea di “cultura come cura” ci è sembrata la via più giusta da seguire per sanare lo strappo sociale che si è creato. Siamo convinti che sarà un anno ricco di eventi importanti che servirà per il rilancio anche economico dell’intera area».

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