Inquinamento e siccità, è scattata l’allerta
Un anno di smog a Bergamo - Infografica

Quattro giorni su otto già fuori legge: inizio dell’anno all’insegna dello smog in provincia di Bergamo. Dal primo gennaio le polveri sottili hanno già superato i 50 microgrammi per metro cubo indicati dall’Unione europea.

Il valore più alto è stato proprio quello registrato a Capodanno dalle stazioni Arpa collocate sul territorio bergamasco: in quell’occasione il valore di Pm10 ha raggiunto i 71,3 microgrammi per metro cubo. A causa delle condizioni del tempo favorevoli alla dispersione delle inquinanti, in particolare il vento che ha soffiato sulla provincia, ma più in generale su alcune zone della Regione, il particolato è poi precipitato a livelli minimi. Il 2 gennaio era infatti a 27,3 microgrammi per metro cubo, il giorno successo è sceso a 22 microgrammi per metro cubo. Da quel momento è iniziata la lenta e costante risalita dello smog: 35,3 microgrammi il 4 gennaio e 46,6 il 5 gennaio. Il giorno dell’Epifania è stato registrato il secondo sforamento del 2019 con 52,1 microgrammi per metro cubo. Lunedì il Pm10 ha raggiunto quota 62,3 e martedì è giunto fino a 85,7. Non un buon inizio, dunque, per questo 2019, a differenza del 2018 che si era invece chiuso positivamente rispetto agli anni precedenti.

Ecco un’infografica interattiva con tutti i dati di un anno di smog

Secondo i dati Arpa dello scorso anno, (aggiornati al 4 dicembre) sono stati 32 i giorni di superamento (35 quelli consentiti annualmente dall’Ue) contro i 63 dello 2017. E, per fare un raffronto storico, nel 2012 furono 87. L’annata positiva è l’esito di diversi fattori, anzitutto legati al meteo: ottobre, ad esempio, ha avuto una temperatura più alta, quindi ha evitato il fenomeno dell’inversione termica che favorisce l’accumulo dello smog. Inoltre le temperature calde hanno posticipato l’accensione dei riscaldamenti e poi sono arrivate le piogge. A ciò si aggiungono gli effetti delle misure strutturali anti smog.

Questo inizio di anno è andato anche peggio per le altre province lombarde, dove l’inquinamento è stato anche più alto, con dati anche tre volte oltre i limiti stabiliti dalla normativa: 123 microgrammi per metro cubo i valori a Milano in viale Marche domenica 8 gennaio. «Anno nuovo, situazione vecchia – commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – Le istituzioni sembrano non prendere seriamente l’emergenza smog e restano alla finestra ad attendere che siano le condizioni meteo a ripulire l’aria. Ma non possiamo fare affidamento su vento e pioggia ogni qualvolta le concentrazioni di inquinanti raggiungono livelli di guardia, è necessario prevenire. Ne va della salute dei cittadini, costretti a respirare aria pessima ormai quasi quotidianamente». Secondo Mergetto, « il Protocollo con le misure di emergenza in caso di superamento dei valori è stato tradito con l’eliminazione dell’automatismo, per cui se le polveri sottili sono elevate scatta il blocco. Nei primi 9 giorni dell’anno per ben 5 giorni si sono respirate polveri oltre il consentito, ma per mancanza di coraggio e di investimenti per misure strutturali in aiuto ai comuni e alle città lombarde, si pensa bene di puntare tutto sull’aiuto del meteo». Il provvedimento della Regione, infatti, prevede anche che le procedure di applicazione dei livelli di attivazione e disattivazione delle misure temporanee di primo e secondo livello (che scattano dopo 5 giorni consecutivi in presenza di valori superiori ai 50 microgrammi per metro cubo di polveri sottili) tengano conto di eventuali previsioni meteorologiche, sulla base degli scenari di qualità dell’aria previsti. È stato inoltre previsto di adeguare le procedure di «rientro al livello verde» di nessuna allerta: il controllo dei dati rilevati dalle stazioni avviene quotidianamente, a partire dal 1° dicembre 2018, senza aspettare il lunedì o il giovedì per l’eventuale eliminazione dei blocchi. E non c’è solo il Pm10, ci sono anche il CO2 e le temperature da tenere in considerazione: secondo Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, implementati dal Centro Europeo per le Previsioni meteorologiche a medio Termine, gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi mai registrati. Sul fronte dell’anidride carbonica, le concentrazioni sono aumentate costantemente. «Eventi climatici importanti come l’estate calda e secca in gran parte dell’Europa - afferma Jean-Noël Thépaut, Head of Copernicus Climate Change Service - o l’aumento della temperatura nelle regioni artiche sono segnali allarmanti per tutti noi. Solo unendo i nostri sforzi possiamo fare la differenza e preservare il nostro pianeta per le generazioni future».

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