Inchiesta Covid, convocati dai pm
i vertici del ministero della Salute

Bergamo, 5 funzionari verranno sentiti nelle prossime settimane come persone informate sui fatti.

Verranno sentiti nelle prossime settimane come persone informate sui fatti 5 funzionari del ministero della Salute. Il pool di pm di Bergamo che indaga sulla pandemia ha deciso di convocarli in Procura per far luce su che cosa accadde in quei giorni negli uffici del dicastero. In particolare, più che sulla mancata istituzione della zona rossa, gli inquirenti vogliono capire se esistesse un piano pandemico nazionale aggiornato o se, come parrebbe risultare dagli accertamenti fin qui condotti, il documento non fosse altro che la riproposizione del piano pandemico del 2006. Inoltre il pool del procuratore Antonio Chiappani e dell’aggiunto Maria Cristina Rota vuole sapere come reagirono al ministero davanti a quello che pare sempre più un giallo e che è stato portato all’attenzione grazie anche al comitato «Noi denunceremo»: e cioè, la pubblicazione a maggio e l’immediata rimozione dal sito dell’Oms del report in cui si dichiarava «improvvisata, caotica e creativa» la reazione del sistema sanitario italiano alla pandemia. Tra coloro che sono stati convocati in Procura ci sono il direttore generale del ministero della Salute Giuseppe Ruocco, già dg della prevenzione prima che il ruolo venisse assunto da Ranieri Guerra (nominato nel 2018 direttore vicario dell’Oms e ora nell’occhio del ciclone per le presunte pressioni esercitate per far rimuovere il report dal sito dell’Oms), e Claudio D’Amario, suo predecessore alla direzione generale del dicastero.

La Procura si riserva, alla luce di quanto emergerà nel corso delle deposizioni dei dirigenti ministeriali, di risentire il ministro della Salute Roberto Speranza, già ascoltato come persona informata sui fatti nel giugno scorso, quando i pm bergamaschi raggiunsero Roma per sentire - pure lui nelle vesti di testimone - anche il premier Giuseppe Conte. E intanto, proseguono gli accertamenti della Procura. Nelle scorse settimane gli investigatori hanno fatto accesso al sito, nelle adiacenze del ministero della Salute, indicato da Guerra come luogo in cui erano stoccate le scorte di antivirali da utilizzare in caso di epidemie. Gli inquirenti hanno accertato che gli antivirali risultano scaduti nel 2006 e che, dopo alcuni test, l’azienda farmaceutica produttrice aveva prorogato la loro validità sino al 2017. La Procura ha chiesto all’Aifa (Azienda italiana del farmaco) accertamenti, i cui risultati a distanza di due mesi non sono ancora giunti.

In Regione gli inquirenti proseguono con l’acquisizione di documentazione riguardante il piano di prevenzione regionale, la cui applicazione è direttamente collegata al piano pandemico nazionale. Nelle scorse settimane è stata anche sentita, come persona informata sui fatti, la dirigente responsabile della prevenzione dell’assessorato regionale alla Sanità. La quale ha dichiarato ai pm che il via libera all’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine, camici e altro) fu dato il 31 gennaio. L’allarme Covid che giungeva dalla Cina era stato recepito dagli organi competenti italiani il 5 gennaio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA