In fuga uno dei più noti criminali italiani
Johnny lo Zingaro, il sinti bergamasco

Giuseppe Mastini, 60 anni, il vero terrore di Roma criminale degli anni ’60 è fuggito dal regime di semilibertà e ora ricercato in tutta Italia. L’uomo che doveva scontare un ergastolo è nato a Ponte San Pietro da una nota famiglia di giostrai di origine sinti.

Portano a Genova le tracce di Giuseppe Mastini, alias Johnny lo Zingaro. L’ergastolano, negli anni Ottanta vero e proprio terrore della Roma criminale, era in semilibertà dallo scorso agosto e da novembre si recava tutti i giorni alla scuola della polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, nel Savonese, dove svolgeva piccole mansioni. venerdì mattina non si è presentato al lavoro e ora è formalmente un evaso.

Le ricerche sono coordinate dalla polizia penitenziaria di Fossano, dove stava scontando la sua pena e di concerto con le altre forze dell’ordine. Secondo una prima ricostruzione, Johnny lo Zingaro, alle spalle una lunga scia di sangue iniziata con il primo omicidio quando aveva appena undici anni, si sarebbe fatto accompagnare da un taxi da Fossano a Genova. Una volta nel capoluogo ligure avrebbe fatto perdere le proprie tracce.

Si lavora soprattutto per capire come sia avvenuta l’evasione. Come ogni mattina, insieme con altri tre detenuti, lasciava Fossano per Cairo Montenotte: un viaggio in treno di poco più di un’ora. Ma che venerdì non ha mai fatto. Ormai è appurato. Le telecamere della stazione di Fossano lo hanno ripreso mentre saliva su un taxi, probabilmente quello che lo ha portato fino a Genova. Dunque una fuga preparata da tempo.

Forse con la complicità di altre persone. Su questi elementi stanno lavorando gli inquirenti mentre l’avvocato di Mastini lancia una sorta di appello al suo assistito: «Mi auguro che il percorso riabilitativo, condiviso con il carcere e i magistrati, non venga interrotto. Che il mio cliente rientri e spieghi il perché si è allontanato» dice l’avvocato Enrico Ugolini. Che aggiunge: «Non capisco il gesto, cosa lo abbia spinto a evadere. Johnny ha una condotta carceraria encomiabile ed è un punto di riferimento per i detenuti». E aggiunge: «Il Mastini era dispiaciuto per il suo passato criminale, ma era anche convinto di aver pagato a sufficienza per i reati commessi. Stava compiendo un percorso di recupero condiviso, perché voleva cambiare vita». Al difensore, Mastini ha spesso sostenuto di essere stato utilizzato come “capro espiatorio”. Come per il caso dell’omicidio Pasolini. «Il mio cliente mi ha sempre detto di non aver mai conosciuto né incontrato l’intellettuale. Ma che qualcuno l’aveva messo in mezzo».

Già conosciuto alle forze dell’ordine per alcuni furti, rapine e un omicidio, fu condannato all’ergastolo nel 1989 in seguito a una serie di sparatorie e sequestri di persona effettuati a Roma nella notte del 23 marzo 1987. È stato inoltre indicato, seppure senza comprovati riscontri, come possibile complice dell’omicidio dello scrittore Pier Paolo Pasolini per via di un’amicizia con Giuseppe Pelosi e con i due fratelli Borsellino, militanti neofascisti ed amici di Pelosi, che anni dopo lo accuseranno di aver partecipato al massacro (episodio del quale gli stessi ragazzi si erano vantati alcuni mesi dopo i fatti dell’Idroscalo).

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