Il messaggio del vescovo per Natale
«Rinasce la verità dell’uomo»

di Francesco Beschi, vescovo di Bergamo
«Al tempo del re Erode …»: così cominciano i Vangeli del Natale. Sembra che il tempo di Erode non sia cambiato. E’ una constatazione che interroga ciascuno, particolarmente chi crede che la nascita di Gesù abbia cambiato le sorti del mondo e di ogni persona nella sua unicità.

Eppure, il fascino del Natale resiste ad ogni sua smentita. Esso consiste in un’intuizione, che attorno alla grotta di Betlemme si rinnova: nella narrazione della nascita di Gesù possiamo ritrovare la verità luminosa della nostra condizione umana.

La concezione cristiana di Dio privilegia non la trascendenza, ma l’incarnazione, non l’assolutezza, ma la salvezza. Dio non può cessare di essere Dio, ma si fa vicino, si fa prossimo all’umanità, anzi ad ogni singolo uomo.

Qualunque società produrrà sempre conflitti ed infelicità se non sarà operante in essa, come legge non scritta, come ideale che trascina e come forza morale, il farsi prossimo l’uno all’altro. Di qui l’attenzione all’altro, chiunque sia e qualunque sia la sua esperienza. Senza una tale attenzione, il disumano prevale inesorabilmente come regola dei rapporti. E disumani sono l’ingiustizia, l’egoismo, la violenza, la presunzione, il non credere che i rapporti umani possano essere non solo di forza, di interesse, di lotta.

Per il cristianesimo Dio che pianta la sua tenda in mezzo alle nostre, ci insegna che il bene, ossia essere attenti agli altri, rende possibile la vita.

In questo momento l’invocazione di molti è di maggiore sicurezza. E’ comprensibile, ma non deve farci dimenticare che la sicurezza non ci basta: abbiamo bisogno di salvezza.

Possiamo disporre di una quantità enorme di approcci alla realtà, gran parte dei quali altamente qualificato, ma, in modo paradossale, l’esito di questa imponente ricchezza è lo spaesamento, l’assolutizzazione del frammento, il risentimento diffuso.

Se le ideologie che hanno drammaticamente segnato il secolo scorso sono tramontate, altre se ne propongono con modalità diverse, ma ugualmente diverse: sono gli integralismi religiosi, ma anche economico-finanziari, tecnico-scientifici, mediatici.

Non combinazioni, non formule, non raffinate conoscenze o imponenza di mezzi, ma l’incontro al pianoterra dell’esistenza, in cui ognuno possa rivelarsi con fiducia ed essere accolto con amore, è capace di generare la vita, una vita umana.

Proprio per questo riteniamo che nessuna ripresa, nessuno sviluppo, nessuna credibile speranza sia possibile senza un’intrinseca dimensione morale. La dimensione morale, cioè l’assunzione di responsabilità come espressione decisiva della libertà, è qualificante la nostra condizione umana, ma oggi soffre di una impressionante debolezza, proprio come Dio che diventa un piccolo bambino. Non basta evocarla come una bandiera e utilizzarla come un’arma gli uni contro gli altri, presumendo di esserne i custodi.

Vogliamo ritrovare la consapevolezza che proprio questa dimensione può essere ignorata, sottovalutata e irrisa come un Dio che diventa bambino, ma senza di essa non possiamo costruire comunità che aprano il cuore alla speranza, alimentino sforzi costruttivi, facciano scaturire vita dal nostro impegno, garantiscano giustizia, libertà e sicurezza alla nostra convivenza. Abbiamo bisogno di un Dio che diventa bambino, per ritrovare ancora ciò che riscatta la nostra condizione umana e la renda degna di essere vissuta. Buon Natale.

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