Evasione, sequestrate anche le paghette
Ma il giudice le restituisce ai bimbi

Accusato di evasione gli furono sequestrate anche due buste contenenti i soldi destinati ai suoi figli. Gli sono state restituite.

La Guardia di finanza aveva bussato a casa sua nel luglio scorso, esibendo il decreto di sequestro firmato dal gip nell’ambito dell’inchiesta su un presunto giro di evasione fiscale da 34 milioni di euro tramite un consorzio di cooperative. A. P., 33, di Milano, è uno dei nove indagati, accusato di far da prestanome a Giuseppe d’Armento, l’imprenditore 51enne di Cenate Sotto finito in carcere nei giorni scorsi.

I militari avevano puntato alla cassaforte, nella quale, tra le altre cose, avevano scoperto due buste contenenti banconote: 2.690 euro in una, 2.170 nell’altra, per un totale di 4.860 euro. Somma che era stata sequestrata, nonostante fin da subito il 33enne avesse fatto notare che era il frutto di paghette, mance e regali per i suoi due figlioletti. Nelle due buste infatti era stato trovato qualche biglietto di auguri destinato ai bimbi.

Un escamotage per sviare gli inquirenti e disinnescare eventuali sigilli a quelle banconote? È il sospetto che aveva portato gli investigatori a sequestrare comunque la cifra, ritenuta piuttosto elevata come capitale per due bimbi di pochi anni. Ma il difensore di A. P., l’avvocato Carlo Boni, ha insistito facendo notare che paghette e mance, accumulate nel tempo e grazie alla munificenza dei parenti, potessero benissimo giustificare un gruzzolo così importante, anche ad onta della tenera età. E il gip Ilaria Sanesi, pur negando il dissequestro su tutto il resto, alla fine ha disposto che i 4.860 euro venissero restituiti ad A. P. perché rimettesse a disposizione dei figli il tesoretto.

Ieri, invece un altro indagato, G. B. , 55 anni, di Bergamo, pure lui ritenuto prestanome di D’Armento, s’è visto rigettare dal tribunale del riesame di Bergamo il dissequestro di un milione e 700 mila euro, tra denaro sui conti correnti, beni e immobili. Gli avvocati Giovanni Fedeli e Roberta Barbieri sono riusciti, però, a far tornare nella disponibilità della moglie (dipendente di un ospedale e non indagata) gli stipendi della donna che venivano accreditati su un conto corrente cointestato al marito. A riguardo della somma rimasta «congelata» i difensori di G. B. hanno annunciato ricorso in Cassazione. E al Riesame di Brescia s’è già rivolto l’avvocato Gianluca Quadri per D’Armento. Il legale ne chiede la scarcerazione per diversi motivi, uno dei quali è l’incensuratezza. L’udienza è fissata per il 28 dicembre.n 

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