Etiopia, servirà il Dna per trovare Matteo
«Ora una raccolta fondi per la famiglia»

Potrebbe servire l’esame del Dna per arrivare all’identificazione certa dei corpi delle vittime del disastro aereo di domenica mattina in Etiopia, compresi quelli del commercialista di Bergamo Matteo Ravasio, 52 anni, del medico in pensione toscano Carlo Spini, 74 anni, e di sua moglie Gabriella Viciani, anche lei di 74 anni, tutti e tre volontari della onlus di Bergamo «Africa Tremila» (Spini ne era presidente, Ravasio tesoriere e Viciani consigliera).

Le condizioni dei corpi rendono infatti purtroppo difficile il riconoscimento visivo e per questo i tempi per il rimpatrio delle salme – ha fatto sapere la Farnesina – potrebbero essere piuttosto lunghi. «Non conosciamo ancora di preciso le tempistiche – conferma anche Roberto Spagnolo, fondatore e presidente onorario di “Africa Tremila” –: di certo abbiamo capito che saranno lunghe. Personalmente mi sono messo a disposizione per recarmi in Etiopia quanto prima, sia per il riconoscimento delle vittime, sia per seguire in prima persona le pratiche per il rimpatrio. Tuttavia, se davvero servirà, come pare, l’esame del Dna, forse non sarà nemmeno necessario andare giù: stiamo comunque in attesa, noi e i familiari dei nostri tre amici e volontari, e a seguire l’evolversi della situazione, che dipende però dalle autorità etiopi».

Dottore commercialista e revisore legale, Matteo Ravasio era molto apprezzato nell’ambiente per le sue doti professionali: «Su 1.300 colleghi commercialisti, in tantissimi lo conoscevano e apprezzavano la sua modestia e la sua umanità, ma soprattutto la sua innata bonomia e la grande generosità, sempre palesata nell’occuparsi con trasporto degli altri», racconta Luca Cordoni, collega e amico, che annuncia: «Con la presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti di Bergamo Simona Bonomelli ci stiamo attivando per aprire un conto corrente bancario lanciando un’iniziativa di solidarietà per sostenere concretamente la famiglia non solo tra colleghi, ma tra tutta la cittadinanza, perché Matteo è stata una persona benemerita».

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