Cronaca / Bergamo Città
Domenica 01 Ottobre 2017
«Ero felice se la bilancia scendeva
ma la mia vita stava fuggendo via»
Alessia racconta il suo difficile e doloroso percorso di recupero fino alla svolta dei 18 anni.
«Volevo essere leggera come una farfalla. Ho attraversato le tenebre, ma se non l’avessi fatto non sarei diventata ciò che sono». Così Michela Marzano, filosofa e saggista, ricorda il periodo in cui soffriva di anoressia. Come lei Alessia, 18 anni, rifiutava il cibo per ribellarsi al mondo, in una continua sfida con se stessa. Come lei è scivolata nel buio e ne è riemersa cambiata. «Ogni volta che l’ago della bilancia scendeva, anche di poco – spiega Alessia – ero felice». Lo racconta tranquillamente, adesso, e sorride, perché si è lasciata tutto alle spalle. Nei suoi occhi chiari la speranza accende uno splendore innocente. Ora che non deve più sopportare il peso delle ombre, non è più il suo corpo ma la sua anima, finalmente, ad essere lieve, a permetterle di spiccare il volo verso un futuro sereno. «Se ci ripenso – dice – è iniziato tutto molto tempo fa, fin da quando ero piccola mangiavo a fatica. Poi però la mia situazione si è complicata quando ho avuto un’operazione al ginocchio e dopo quella un inaspettato crollo emotivo».
Alessia giocava a pallavolo: «Ho sempre avuto qualche guaio al ginocchio, mi ero fatta visitare ma continuavano a dirmi che si trattava di dolori legati alla crescita. I medici mi tenevano tranquilla assicurandomi che con l’età dello sviluppo sarebbero passati. Purtroppo non è stato così. Un giorno mi sono infortunata durante una partita. Stavo saltando a muro e la giocatrice che era davanti a me e stava attaccando, ricadendo dopo il salto senza volerlo mi ha urtato. Nel giugno 2014 sono stata sottoposta a un intervento di riposizionamento della rotula». La gamba ingessata per un mese, poi c’è stata la riabilitazione, con un lungo periodo di fisioterapia: «È stato allora – sottolinea Alessia – che ho incominciato davvero a stare male. Il mio rapporto con il cibo non è mai stato ideale, ma in quel momento ero tormentata da angosce, pensieri cupi, inquietudini profonde. La magrezza era diventata un’ossessione. Salivo sulla bilancia almeno trenta volte al giorno, prima e dopo la doccia, prima e dopo i pasti, appena sveglia, prima di andare a dormire, era un continuo salire e scendere. Più i chili diminuivano, più mi sentivo gratificata. Bastava un calo di peso minimo a rendermi felice. Non è che il mio corpo non mi piacesse, ma volevo essere magra, più di quanto fossi già, sempre di più. Dopo l’operazione ho dovuto restare a casa, mi sentivo sola. Anche questo ha avuto un peso. Alla fine sono dimagrita troppo».
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