Si intitola «Donne irregolari», Voci femminili tra le mura del manicomio di Astino la mostra-focus a cura di Alessandra Civai e Lisa Fracassetti. Un’esposizione in programma fino alla fine di settembre nel complesso monumentale del Monastero di Astino, nel chiostro e delle sale espositive dell’ala ovest.
Dopo la mostra del 2018, che indagava i sessant’anni di storia del primo manicomio di Bergamo riportando alla luce tante sopravvivenze ancora visibili nella maestosa struttura dell’ex Monastero, prosegue il viaggio nella Casa dei Pazzi di Astino con un approfondimento sulla condizione femminile tra le mura del nosocomio.
La mostra, promossa dalla Fondazione Mia e curata dalla storica dell’arte Alessandra Civai e da Lisa Fracassetti, si basa sullo studio delle quasi 2400 cartelle cliniche relative a pazienti donne, ancora conservate nell’archivio storico dell’Ex Ospedale Psichiatrico di Bergamo (il cui inventario è disponibile in rete www.cartedalegare.san.beniculturali.it) e dei fondi sull’Ospedale di Astino conservati in Archivio di Stato di Bergamo, e vuole indagare attraverso questo eccezionale punto di osservazione la faticosa presa di coscienza da parte delle donne del proprio disagio mentale, che, se non opportunamente incanalato nelle strutture sociali, diventava ‘motivo di scandalo’.
La donna, cardine silenzioso della famiglia e custode dei sentimenti e dell’emotività, deve affrontare nel corso dell’Ottocento situazioni al limite, come guerre, carestie, epidemie, povertà ma anche il rigido ruolo imposto dalla morale borghese: questa cruda realtà si manifesterà anche nell’insorgere di malattie mentali, alcune delle quali furono ricondotte dalla nuova scienza psichiatrica esclusivamente alla fisiologia femminile. Tante sono le storie personali raccontate, tutte a loro modo significative di un mondo lontano, ma che con la loro puntuale verità creano assonanze con tante situazioni attuali. Una sezione della mostra è dedicata a Donizetti, amato dalle pazienti di Astino che scrissero brani tratti dalle sue opere sulle pareti delle celle, e alle varie eroine dei suoi melodrammi, che vissero la follia come via d’uscita da una realtà divenuta insostenibile.
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