Aiuto ai Comuni per i migranti
In Bergamasca circa un milione di euro

Chi ha risposto all’emergenza migranti avrà un contributo di riconoscenza dallo Stato italiano: 500 euro ai Comuni, una tantum, per ogni persona accolta entro il 15 ottobre 2016.

Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la presentazione della nuova legge di stabilità. Nel lungo elenco di misure a sostegno di sanità, imprese e crescita il premier ha inserito anche l’aiuto alle amministrazioni che negli ultimi dodici mesi hanno risposto all’emergenza immigrazione con atti concreti, ospitando le persone sbarcate sulle coste italiane. L’impegno finanziario per l’accoglienza migranti «vale lo 0,2% e sarà fuori dal Patto – ha spiegato Renzi - e dal 2016 i sindaci che al 15 ottobre accolgono sul territorio i migranti avranno riconosciuto un contributo specifico di 500 euro una tantum a migrante, che permetterà di dimostrare che lo Stato gli è riconoscente».

In provincia di Bergamo attualmente i richiedenti asilo sono circa duemila, accolti in 56 Comuni. Si va dai circa 400 di Bergamo, ai 70 di Rota Imagna, ai 150 di Sedrina, ai 35 di Vedeseta. Alle amministrazioni saranno destinati 500 euro, una tantum, per ogni migrante accolto. Si parla quindi di circa un milione di euro. Una cifra che non risolverà il problema, ma che rappresenta un segnale nei confronti dei Comuni.

I sindaci bergamaschi non hanno semplicemente dato la propria disponibilità a collaborare con la prefettura, ma stanno cercando da tempo di trovare il modo migliore per non abbandonare i richiedenti asilo. I primi cittadini si sono riuniti più volte per discutere possibili soluzioni, ma non sono mancate anche proteste da parte degli amministratori, soprattutto di centrodestra, che non accettano la presenza dei richiedenti asilo e che hanno subito criticato il provvedimento del governo.

Tra le proposte più forti emerse anche a livello nazionale c’è quella del sindaco di Bergamo Giorgio Gori: «Oggi non gli facciamo fare niente per un anno e mezzo-due, ed è diseducativo – ha spiegato in un’intervista a L’Eco di Bergamo -. Dobbiamo completamente cambiare: dal primo giorno in cui arrivano vanno destinati a un percorso obbligatorio con valutazioni periodiche. Chi accetta di studiare con profitto e imparare un mestiere se già non ne conosce uno, apprendere la lingua italiana e conoscere i valori della comunità in cui si trova, ottiene un permesso umanitario. Dobbiamo smettere di giudicare queste persone solo dal luogo e dalle condizioni (presenza di conflitti o persecuzioni) di provenienza. Questo passaggio avrebbe molti effetti: evita di vanificare l’investimento in soldi, uomini ed energie per il lungo periodo in cui li teniamo in attesa di sentenza sulla richiesta di asilo e di protezione; evitiamo di produrre una massa crescente di irregolari, riduciamo il numero di rimpatri a chi non ha titoli per l’accoglienza dal punto di vista del diritto internazionale né si impegna nel percorso che gli proponiamo. E costruiamo un legame tra la fase di attesa e il dopo».

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