Crolla il «mito» del posto negli enti locali, fuga dei dipendenti: -18,35% in dodici anni

I dati. Lo studio della Cgil: la provincia di Bergamo penultima in Lombardia (prima di Lodi) per il rapporto tra dipendenti pubblici negli enti locali e popolazione: uno ogni 221 abitanti in Bergamasca. Sono passati dai 6.092 del 2009 ai 4.974 del 2023.

Tramonta il «mito» del posto fisso alla Checco Zalone. Una scrivania in un Comune o in una Provincia, infatti, non è più considerata un traguardo professionale. Lo dimostrano i concorsi che iniziano ad andare quasi deserti e una tendenza che assegna alla Bergamasca il penultimo gradino in Lombardia (prima di Lodi) per il rapporto tra dipendenti pubblici negli enti locali e popolazione: uno ogni 221 abitanti. Il doppio della provincia di Milano, dove il rapporto è 1 a 134. In Lombardia la media è un dipendente ogni 162 abitanti, in Italia un dipendente ogni 126 abitanti.

I numeri

È l’analisi della Cgil Bergamo che, basandosi sui dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, dal 2009 (dunque prima dello stop alle assunzioni nel pubblico impiego, con decreto legge n. 78 del 2010) al 2021, fa vedere come in 12 anni lavoratrici e lavoratori del comparto e della dirigenza degli enti locali (dai Comuni alle Unioni di Comuni e Comunità montane) sono scesi nella nostra provincia da 6.092 (uno ogni 176 abitanti) a 4.974 (uno ogni 221), con un -18,35%.

Le cause

«Il 2009 non è una data scelta a caso, perché coincide con l’entrata in vigore del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego. Fino al 2020 non ci sono state nuove immissioni. Nel 2021 si è mosso qualcosa, ma in maniera assolutamente non risolutiva. Addirittura stiamo assistendo a concorsi che vanno deserti», commenta Giorgio Locatelli, neosegretario Fp Cgil Bergamo (è stato eletto giovedì, ha 37 anni, 10 da funzionario della Fp Cgil, ndr)). Per quali motivi il posto da dipendente pubblico negli enti locali non è più attrattivo? «Non è solo una questione economica, anche se come sindacato siamo impegnati a livello di contrattazione per alzare anche questo aspetto – fa notare Locatelli –. Pesa anche una questione culturale: il personale tecnico (architetti, ingegneri, ragionieri) sono più orientati al privato, sin dalla formazione. Servirebbe un’educazione più specifica per far capire cos’è il pubblico, quali sono i suoi punti di forza e valorizzarli».

Le ricadute

Anche perché le ricadute sono soprattutto sui cittadini: «Meno personale significa meno servizi e tempi più lunghi per la loro gestione. C’è anche un rischio legato ai fondi Pnrr: senza figure tecniche in grado di utilizzarli rischiamo che vengano persi». E la prospettiva non è rosea: «L’età media è alta: il 53% dei dipendenti è over 50. Il 30% nei prossimi anni sarà over 55. Molti pensionamenti, quindi, ridimensioneranno ulteriormente gli organici». Per invertire la tendenza, l’unica strada «è innestare linfa vitale, con nuove assunzioni. Servono investimenti e aumentare l’attrattività, sotto il profilo economico e di riconoscimento sociale». Stando a Palafrizzoni, per fare un esempio, negli ultimi cinque anni si sono contate 300 «uscite» (tra pensionamenti, dimissioni e trasferimenti) contro i circa 200 «ingressi». «Ma dei 300 – fanno notare dal Comune – oltre 70 erano incarichi a tempo determinato giunti a compimento. Non soffriamo una particolare carenza di personale. Siamo a 850 dipendenti (erano 847 nel 2020 e 855 nel 2021 e nel 2022), e nel corso dell’anno assumeremo 54 persone a tempo indeterminato e 17 a tempo determinato». Certo anche qui pesa l’età media (55 anni), con nuovi pensionamenti in vista.

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