Covid, la memoria difensiva di Ranieri Guerra ai pm: «Non intervenni per rimozione report Oms»

La memoria difensiva depositata alla Procura di Bergamo dalla difesa di Guerra, indagato per falsa testimonianza a pubblico ministero in un filone dell’indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca.

«Nessuna interferenza, neppure indiretta, né alcun contributo di sorta può essere ravvisato nelle condotte» del direttore vicario dell’Oms Ranieri Guerra per ottenere la rimozione dal sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del report firmato dal gruppo dei suoi ricercatori con ufficio a Venezia, in cui si metteva in luce l’inadeguatezza della prima risposta dell’Italia all’epidemia di Coronavirus. Lo si legge nella memoria difensiva depositata alla Procura di Bergamo dalla difesa di Guerra, indagato per falsa testimonianza a pubblico ministero in un filone dell’indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca.

Come riporta la rogatoria inviata da pm in Svizzera nell’ambito della tranche dell’inchiesta sul piano pandemico non aggiornato, Guerra si sarebbe «adoperato personalmente alla rimozione del sito di Oms del report» avvenuta il 14 maggio 2020 e cioè meno di 24 ore dopo la sua pubblicazione. Quello studio, è scritto nella memoria depositata dall’avvocato Roberto De Vita, «è stato pubblicato e poi ritirato dallo stesso Zambon sulla base dei rapporti intrattenuti» dal ricercatore veneto «con i suoi diretti referenti/superiori (tra i quali non rientra in alcun modo il dr. Guerra) per ’concerns’ (preoccupazioni, ndr.) relativi alla ’China box’ inerenti alla ’human to human transmission’». A sostegno di ciò, è stata allegata la mail inviata sempre quel giorno a Zambon e per conoscenza al suo superiore Dorit Nitzan dell’ufficio Oms Europa, con cui Gauden Galea, funzionaria sempre Oms a Pechino, chiedeva di rimuovere immediatamente il documento perché «inaccurato» e in due punti in contrasto con la «sequenza temporale» data dal quartier generale dell’Organismo delle Nazioni Unite.

Nella memoria, Guerra replica alle accuse mosse dal Procuratore della Repubblica di Bergamo Antonio Chiappani, dall’aggiunto Cristina Rota e dai pm titolari delle indagini, sostenendo che l’inchiesta a suo carico debba essere archiviata. Il numero due dell’Oms ed ex direttore della Prevenzione al Ministero della Salute, ha precisato che, dopo la rimozione per via «di errori da correggere (...) la mancata ripubblicazione successiva non ha assolutamente nulla a che vedere» con lui «ma riguarda i rapporti del dr. Zambon con il suo ufficio di appartenenza, ovvero l’ufficio Regionale Oms di Copenaghen». Anche perché non aveva «più alcuna ragione per interessarsi delle sorti successive di tale report».

Nel documento, redatto dall’avv. De Vita, si spiega che «lo stesso Zambon» propose «di ottenere un «formal greenlight from the Minister», salvo poi «a fronte dell’iniziale richiesta di intercessione» non ritenere «più utile condividerlo con il ministro». Si sottolinea, tra l’altro che, il 6 maggio dell’anno scorso, lo stesso capo del team dei ricercatori inviò «una mail informando il dr. Guerra che la dr.ssa Dorit Nitzan non approva la pubblicazione» e che l’11 maggio non c’era ancora il via libera alla pubblicazione. Inoltre si precisa che le correzioni suggerite da Guerra erano state condivise da Zambon (tra i due ci sarebbe stata «una amichevole collaborazione”) e si contesta l’interpretazione data dai magistrati della mail del 14 aprile dell’anno scorso «richiamata nella rogatoria» in cui si fa riferimento al ministro Roberto Speranza: «non si discute del testo del report (che verrà inoltrato da Zambon ai superiori solo nei primi giorni di maggio), ma degli ulteriori progetti da realizzare con le donazioni ricevute» e che riguardano una “sostanziosa fornitura» di dispositivi di protezione individuale per i medici che lavorano sul territorio. Quanto alle chat tra Guerra e il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, oltre a chiederne l’inutilizzabilità, sono definite «osservazioni personali, in una forma necessariamente sintetica e colloquiale, scambiate tra professionisti» che hanno lavorato assieme al Cts. In un documento interno all’Oms indirizzato a coloro che avevano rapporti con la stampa del dicembre scorso, invece, non si fa riferimento al fatto che l’input a rimuovere quel report «scomodo» sarebbe arrivato dalla Cina.

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